Una rock band prestata al cinema.

Il Terzo Segreto di Satira
Andrea, Davide, Pietro, Davide e Andrea si conoscono alle Scuole Civiche di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano tra il 2008 e il 2009. Durante quegli anni bevono caffè, abbordano con scarso successo ragazze e imparano, sempre con scarso successo, i rudimenti del mestiere. Una volta usciti da scuola però, si scontrano subito con le difficoltà del mondo del lavoro. Iniziano a fare dei lavoretti pratici come il montaggio o le riprese, tenendosi del tempo libero per scrivere e realizzare i nostri progetti. Un paio di anni più tardi, nel 2011, si ritrovano tutti e cinque una sera “da Gianni” dove, dopo una potente ubriacatura, decidono di fondare un collettivo di autori e video maker, o come si definiscono loro, un gruppo di cialtroni per cialtroni. Nasce così il progetto “Il Terzo Segreto di Satira” che in pochi anni li porta dal piccolo schermo di YouTube al grande schermo del cinema.

 

 

Intervista

Mi raccontate la vostra storia e perché avete deciso di inventarvi un lavoro?

Ci siamo conosciuti alle Scuole Civiche di Cinema, Televisione e Nuovi Media di Milano tra il 2008 e il 2009. Durante quegli anni abbiamo fatto tante cose insieme. Abbiamo bevuto tanti caffè, abbordato con scarso successo ragazze e imparato, sempre con scarso successo, i rudimenti del mestiere. Un paio di anni più tardi, nel 2011, ci siamo ritrovati tutti e cinque una sera “da Gianni” dove, dopo una potente ubriacatura, abbiamo deciso di fondare un collettivo di autori e video maker che è poi diventato il “Terzo Segreto di Satira”. All’inizio era un nostro progetto parallelo più che un vero e proprio lavoro. Ma appena entrati nel mondo del lavoro ci siamo resi subito conto di quanto fosse difficile, se non impossibile, vivere della nostra scrittura e così ci siamo inventati il lavoro. Diciamo che inventarsi il lavoro per noi è stata una necessità, era l’unico modo per far sì che le nostre idee non rimanessero solo su carta.

 

Se penso a un vostro corrispettivo nella storia del cinema, mi vengono in mente i Monty Python. Quando ti stai inventando il lavoro quanto conta avere dei punti di riferimento da cui partire? E quali sono i vostri?

I Monty Python sono l’unico riferimento che mette d’accordo tutti e cinque al cento per cento. Un altro riferimento importante per noi è stata la serie Boris, nel periodo scolastico la guardavamo tutti, era un tipo di ironia che ci piaceva molto. Sicuramente anche Maccio Capatonda, molta satira italiana e un po’ di stand up comedy. Poi nello specifico noi non abbiamo seguito un modello preciso… Abbiamo preso un po’ tutti i riferimenti e gli abbiamo fatti nostri, senza farci troppe domande.

Inventarsi il lavoro per noi è stata una necessità, era l’unico modo per far sì che le nostre idee non rimanessero solo su carta.

Siete nati sul web e ora siete approdati al cinema, e, stando alle molte recensioni positive ricevute, i vostri film funzionano tanto sul grande schermo quanto su YouTube. Quanto conta il mezzo attraverso il quale scegliete di diffondere i vostri contenuti? E quali sono le differenze principali tra Web e Cinema?

Cambia tanto: il racconto, la struttura, la recitazione, il montaggio, il mezzo di trasmissione… Noi non rinneghiamo nulla del nostro percorso e pensiamo che in questo film la nostra cifra sia sempre riconoscibile, però è adattata ad una storia di novanta minuti per le sale e non ad un video di 5 minuti da vedere su uno smartphone. Non è che una cosa è più difficile dell’altra, sono semplicemente due mondi a prima vista simili, ma nello specifico molto diversi.

 

Quando si sceglie di trasformare la propria passione (nel vostro caso il cinema e la scrittura) nella propria professione (nel vostro caso autori e registi), bisogna necessariamente scendere a compromessi. E il vostro film (“Si muore tutti democristiani”) parla proprio di questo. Nella vostra carriera vi è capitato di scendere a compromessi? Che consigli vi sentite di dare a chi vuole trasformare la propria passione in una professione?

Grossi compromessi non ancora per fortuna. Ci sono tanti piccoli compromessi nella vita lavorativa quotidiana di cui forse non ci rendiamo neanche conto. In generale, condividendo tutto in cinque, la decisione finale del gruppo è quasi sempre frutto di una mediazione, quindi siamo abbastanza allenati. L’unico consiglio che ci sentiamo di dare per quanto riguarda la nostra esperienza, anche se forse banale, è proprio quello di condividere la passione in gruppo. Se si riesce a trovare una quadra poi è tutto più facile.

Ci sono tanti piccoli compromessi nella vita lavorativa quotidiana di cui forse non ci rendiamo neanche conto. In generale, condividendo tutto in cinque, la decisione finale del gruppo è quasi sempre frutto di una mediazione.

 

Qualche domanda veloce

Cosa vi spinge di più a lavorare? Fare soldi (making money), o fare qualcosa che dia un senso alla vostra vita e abbia un impatto sul mondo (making meaning)?

Quasi sempre la seconda (making meaning).

A proposito di Meaning Of Life, se poteste fare un remake di un film dei Monty Python, quale scegliereste?

Sono film intoccabili, non lo potremmo mai fare.

Se trovaste una macchina del tempo (funzionante…) e poteste fare un solo viaggio, dove andreste a vivere? Nel passato o nel futuro?

Nel passato.

Se poteste scrivere una sola parola su un grosso billboard in Piazza Duomo a Milano, quale parola scegliereste?

SIMUORETUTTIDEMOCRISTIANI.

Ne “Il Decimo Uomo” raccontate la storia di un ragazzo che voleva fare il calciatore ma non essendoci riuscito si è inventato il lavoro di decimo uomo per le partite di calcetto. Qual è un lavoro (oltre a quello di registi e autori) che vi piacerebbe inventarvi?

In quella del decimo uomo a calcetto ci crediamo molto. Le altre idee le teniamo per noi perché tra i tuoi lettori c’è tanta gente sveglia ed è un attimo che ti ritrovi un app con tanto di marchio registrato.

Voi siete in cinque. Se foste una Rock Band, chi di voi starebbe alla batteria, chi alla voce, chi alla chitarra, chi al basso e chi alle tastiere?

Andrea Fadenti ha un basso (non sa suonarlo ma è già qualcosa…), Davide Bonacina alla chitarra, Davide Rossi e Pietro Belfiore alle tastiere (non sanno suonare ma hanno fatto pianoforte alle medie) e Andrea Mazzarella alla batteria (è l’unico che sa suonare bene, potrebbe fare anche gli altri ruoli…). Per quanto riguarda la voce potremmo fare una canzone a testa, tanto siamo tutti scarsi. Comunque quello della band è il nostro fallimento più grande, ma prima o poi ci riproveremo.