Open your mind.

Giorgio Fipaldini
La prima volta che è entrato in uno spazio coworking, Giorgio aveva 40 anni. Era il 2010 e dopo aver lanciato due aziende, prima nel campo del digital design, con Binario, poi dell’editoria digitale con Tapook, stava cercando nuove ispirazioni. Gli dicono che la sua società non aveva le caratteristiche per far parte di quel co-working e così, qualche anno dopo, decide di aprire un suo spazio co-working. E lo fa a modo suo, fondendo tutta la sua creatività imprenditoriale e la sua passione per la cultura. Nasce così Open – More Than Books, una libreria, un bar, uno spazio co-working, un ritrovo per autori e creativi, ma soprattutto, uno dei luoghi più stimolanti e poliedrici di Milano.

 

 

Intervista

Mi racconti come è nata l’idea di Open e cosa ti ha sempre spinto a fare l’imprenditore al posto di trovarti un lavoro come dipendente?

OPEN nasce dal capire qual è lo Zeit geist (Spirito del tempo). Mi spiego meglio. Nel 1970 un valigiaio di nome Bernard Sadow mise delle ruote sotto una valigia per agevolare gli spostamenti delle persone durante i loro viaggi: non ebbe successo. 17 anni dopo un pilota di linea Robert Plath propose ai suoi colleghi e hostes una valigia con 2 ruote e una maniglia estraibile: fu un successo travolgente. La differenza tra l’intuizione del valigiaio e del pilota sta nello “spirito del tempo”. Nel 1987 le persone cominciavano a viaggiare con più frequenza e per brevi periodi, il trolly si rivelò la soluzione ideale per i loro spostamenti. Nel 1970 non c’erano questi bisogni. Quindi, OPEN nasce dalla curiosità verso le persone: osservare i loro comportamenti per intuirne i bisogni latenti. Non credo di aver avuto una idea autentica – siamo più di 7 miliardi di individui pensanti in questo pianeta – credo di aver avuto l’intuizione di capire che era il momento giusto. Infatti, nel 2012 le librerie chiudevano, i coworking aprivano e le persone cercavano luoghi confortevoli, intelligenti, sociali. Ho riunito in un unico spazio questi bisogni, nel modo più liquido per continuare a seguire lo Spirito del nostro tempo. Infine, fare l’imprenditore ti permette di progettare, creare e rischiare. Non riesco immaginare la mia vita senza questi tre verbi.

 

Si dice che Albert Einstein fosse solito sostenere che la mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre. Che sia Einstein o meno l’autore di questa frase, la condivido al 100%. Per fare l’imprenditore serve mantenere la propria mente sempre aperta per cogliere nuove opportunità e anticipare trend futuri. Quanto è importante per te l’apertura mentale? E quali pensi siano le 5 attività che ogni imprenditore dovrebbe fare per avere sempre nuove ispirazioni e cogliere nuove opportunità?

Parafrasando Einstein suggerisco che per essere un buon imprenditore devi avere un’appassionata curiosità. Attitudine fondamentale per l’apertura mentale. La seconda domanda vorrei evitarla perchè le liste sono come gli ingredienti di una torta: aiutano a capire cosa c’è all’interno ma non a realizzarla. Tuttavia c’è una frase di Pablo Picasso a cui mi ispiro per la mia attività d’imprenditore: “studia le regole come un professionista, così potrai cambiarle come un artista.”

Fare l’imprenditore ti permette di progettare, creare e rischiare. Non riesco immaginare la mia vita senza questi tre verbi.

Alla domanda «Sir Branson, ci spieghi il segreto del suo successo in tre parole», Richard Branson, fondatore del gruppo Virgin, ha risposto: People, People, People. Ed effettivamente le persone sono il motore di qualsiasi progetto. Con Open tu sei stato in grado di coinvolgere, fin dall’inizio, molte persone che hanno creduto nel progetto e hanno contribuito a farlo crescere. Come hai fatto? Qual è il segreto per convincere le persone a seguirti in un’idea o in un’iniziativa imprenditoriale?

Sì le persone sono fondamentali per il successo di un’impresa, allo stesso modo possono essere la principale causa di un insuccesso. Scegliere i soci e i collaboratori è difficile quanto farti scegliere da loro. La presentazione di un progetto o di un business plan lo declino sempre sulla specificità del pubblico: è importante conoscere il profilo dell’investitore o del cliente per evidenziare ciò che a lui interessa e comunicarlo nel modo più empatico. Se vuoi convincere le persone a seguirti in un’idea devi essere autorevole e motivato, ma se non sei fortunato, diceva Napoleone, non sei un buon generale.

 

Già nei primi anni Sessanta, l’autore ungherese Arthur Koestler sosteneva che la creatività consistesse nel vedere un’analogia che nessuno aveva mai visto prima. Ovvero nella capacità di connettere punti tra loro molto distanti. Open è il classico esempio di creatività applicata, è una libreria ma anche uno spazio co-working, un bar e un luogo per eventi e incontri. Cosa è per te la creatività? E come è possibile, secondo te, trasmetterla anche a manager e imprenditori che non la considerano importante?

Oggi, lo spirito creativo è importante per rispondere ai repentini cambiamenti; domani sarà fondamentale per contraddistinguerci dall’intelligenza artificiale. Credo che l’intelligenza serva a dare risposte giuste, mentre la creatività a dare risposte nuove. La creatività si è emancipata dal contesto artistico, oggi sempre più aziende la considerano uno strumento strategico per il business e il management. Il Test of Creativity Thinking dello psicologo Ellis Torrence insieme al modello di creatività WCR degli italiani Barbara Colombo, Alessandro Antonietti e Paola Pizzingrilli sono validi strumenti per misurare e coltivare la creatività. Ai manager e imprenditori scettici su questo argomento racconto la storia della azienda 3M, la terza azienda al mondo per innovazione che investe l’8% dei ricavi in ricerca, e del suo tecnico Dick Drew che nel 1925 inventò il nastro adesivo osservando un carrozziere. Una storia che rappresenta al meglio l’apertura mentale, la capacità di connettere elementi diversi e la riorganizzazione in forme e prospettive nuove. Questo significa per me creatività.

Credo che l’intelligenza serva a dare risposte giuste, mentre la creatività a dare risposte nuove.

 

Qualche domanda veloce

Qual è il nemico numero uno della creatività?

La chiusura mentale. Il numero due l’indolenza.

Quando a una cena ti chiedono cosa fai di lavoro, cosa rispondi (in una parola)?

L’autore. Poi aggiungo: di progetti creativi per persone curiose.

Se trovassi una macchina del tempo (funzionante…) e potessi fare un solo viaggio, dove andresti a vivere? Nel passato o nel futuro?

Credendo che il meglio deve ancora venire, andrei nel futuro. Sceglierei il giorno dopo la mia morte per scoprire cosa mi sono perso e cosa ho dimenticato.

Quali sono i tre libri che porteresti con te su un’isola deserta?

In un’isola deserta porterei sicuramente un manuale di sopravvivenza, poi tre biografie per farmi compagnia: Margherita Hack, Albert Einstein e Stanley Kubrick.

Se potessi scrivere una sola parola su un grosso billboard in Piazza Duomo a Milano, quale parola sceglieresti?

Se me lo permetti unisco due parole in una: StayOpen

Cosa ti spinge di più a lavorare? Fare soldi (making money), o fare qualcosa che dia un senso alla tua vita e abbia un impatto sul mondo (making meaning)?

Mi sono trovato con i soldi in tasca e un senso di vuoto attorno. Da allora ho scelto senza indugio di lavorare per dare un senso alla vita.