Hey You!

Scritto il 17 Settembre 2007

Incredibile, in questa città dimenticata da Dio e da chiunque altro, c’è una connessione ad internet a banda larga. Cosi’ ne approfitto per aggiornare il mio sito. In realtà in questi giorni sto facendo e vivendo tante di quelle cose che solo per raccontarle avrei bisogno di una giornata intera. Ora sono le sei del mattino e tra meno di un’ora partiamo per andare a dipingere una scuola in una baraccopoli di Port au Prince. Il primo giorno ad Haiti, abbiamo fatto il giro di tutta la città. Partendo dalla zona più ricca siamo scesi fino alla baraccopoli più disastrata dove le strade sono fogne a cielo aperto talmente fetide che persino i maiali ci muoiono dentro. Qui si parla la lingua universale del sorriso. Io ero shockato ma mi son sforzato di sorridere. Perche’ se sorride un bambino che vive tra le lamiere e le mura crivellate dai proiettili, devo riuscirci anche io. Penso sia impossibile rimanere distaccati da una situazione cosi’ drammatica. Giriamo la città su un furgoncino indistruttibile che sembra sempre sul punto di rompersi ma che per fortuna non si rompe mai. Accompagnati dalla ong NPH possiamo andare in zone della città altrimenti inaccessibili, dove girano solo soldati dell’ Onu con carri armati bianchi e i bambini sembrano fiori selvaggi dimenticati da tutti. Ogni volta che scendiamo ci corrono incontro per toccarci, parlarci e farsi fotografare. Come fossimo degli alieni. Il bisogno di contatto e’ altissimo. Ieri abbiamo visitato un orfanotrofio a nord di Port au Prince. Qui la situazione e’ paradossalmente migliore. Quello che da noi e’ considerato un luogo di tristezza e abbandono, ad haiti rappresenta la sorte migliore che possa capitare ad un bambino. Qui se non altro hanno la possibilità di studiare e vestirsi e godono dell’affetto di una grande famiglia. Tornando siamo stati invasi da un acquazzone totale. Le strade si trasformano in fiumi da rafting pieni di rifiuti. L’acqua entra da tutte le parti e il nostro autobus sembrava sempre sul punto di ribaltarsi. Fortunatamente siamo riusciti a raggiungere una delle poche pizzerie della città, dove una pizza costa quanto quattro giorni di stipendio.


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