In viaggio verso Barcellona non so perché mi son trovato a pensare alla favola di Hans Christian Andersen sui vestiti nuovi dell’imperatore. E’ una storia che mi ha sempre affascinato e che trovo sempre più attuale. Ma per la prima volta mi sono reso conto di quanto questo racconto sia legato al mio mondo e a quello che faccio tutti i giorni. La fiaba racconta di due abili truffatori che riescono a convincere con l’inganno un imperatore, vanitoso ed egocentrico, ad acquistare magnifici abiti nuovi caratterizzati dalla bizzara virtù di essere invisibili agli occhi degli stolti. Persuaso dai magici tessitori, il sovrano si fa portavoce attivo di questo inganno e convince i suoi cortigiani prima e il suo popolo poi illudendoli del fatto che solo le persone intelligenti potessero vedere il suo sfarzoso abito nuovo. Così, per non apparire sciocchi, tutti lodano a gran voce l’imperatore e il suo innegabile buon gusto nel vestire, applaudendo e commentando la bellezza di quegli abiti. La magia dell’illusione viene improvvisamente spezzata da un bambino che con assoluta spontaneità svela la realtà dichiarando che l’imperatore è, in realtà, nudo. La metafora del bambino penso sia molto interessante per comprendere come oggi sia essenziale mantenere una costante spontaneità nei confronti della vita a costo di apparire ingenui. Da sempre ho cercato di non addentrarmi mai troppo nelle dinamiche di un particolare settore o di una professione perché ne temo le riduttive conseguenze. Lavorando con manager e dirigenti mi sono reso conto di quanto le logiche universitarie prima e di carriera poi riducano esponenzialmente le capacità di adattamento e l’approccio creativo alle cose. Sono convinto della necessità del meticciarsi con culture e professioni differenti per evitare che tutto sia dato per scontato. Che tutto sia creduto a priori perché così è stato deciso dall’alto. Voglio rimanere il bambino che smaschera il re per tutta la vita. Quello che mi preoccupa di più dell’attuale condizione politica e sociale italiana non è tanto la ormai palese nudità dell’imperatore ne tanto meno l’altrettanto evidente volontà da parte del re di volerci far credere che in realtà non è nudo, quello che più temo è che ormai si sia persa la capacità di stupirsi delle cose e la volontà di denunciare le nudità dell’imperatore. Sempre che ormai la politica sia un mondo a parte con proprie regole e proprie dinamiche distanti anni luce da quello che è il mondo reale. Un mondo dove tutti pensano di poter fare quello che vogliono perché tanto a nessuno più importa se il re spende milioni per comprarsi sfarzosi vestiti invisibili. Il restare fuori da ogni sistema mi permette di osservare tutto con una necessaria oggettività e questo è quello che più apprezzo del mio lavoro. Art Kitchen lavora nel mondo dell’arte ma è fuori dal sistema corrotto, sterile e auto-referenziale delle gallerie. Art Kitchen lavora nel mondo del marketing ma è tutto fuorché un’agenzia pubblicitaria dove tutto ruota intorno alle stesse idee e alle stesse dinamiche. Art Kitchen lavora nel mondo del terzo settore ma per nulla al mondo vorrei si trasformasse in una pachidermica onlus che investe solo il 20% di quello che raccoglie in progetti sociali tenendo il resto per sostenere la propria struttura. E questo ci permette di essere sempre assolutamente creativi e innovativi. Ma soprattutto ci permette di stupirci ogni giorno per quello che facciamo, disinteressandoci completamente di quello che ci sta attorno. Preso da questa slavina di pensieri non ho potuto fare a meno di riversarli sulla mostra di Tv Boy, cui, da curatore, sto pensando, proprio in questi giorni, alla struttura da darle. Così, ho deciso di dedicare un’intera sezione di questa mostra al concetto del Re-Nudo, visto attraverso gli occhi ingenui del TvBoy che per anni ha vissuto in strada osservando e riversando su muro le proprie impressioni. Credo infatti che l’ essenza dell’ artista Salvatore Benintende stia proprio nella sensibilità con cui osserva la realtà che lo circonda. Una sensibilità genuina, quasi adolescenziale, che lo porta a stupirsi dell’Altro che diviene, nelle sue tele, strumento dialettico per la sua arte e gli permette di decodificare la realtà per quella che è smascherando così, come il bambino della favola di Hans Christian Andersen, le nudità dell’imperatore.