Da quando ho scritto un libro, ho scoperto che in Italia si legge (purtroppo) pochissimo e si scrive (per fortuna) moltissimo. I numeri sono impressionanti. Si leggono meno libri di quelli che si stampano e ogni anno tonnellate di libri finiscono al macero. Siamo in una di quelle paradossali situazioni economiche in cui l’offerta supera di gran lunga la domanda. Sarebbe stato meglio il contrario ma sarebbe stato peggio se non ci fossero neanche gli scrittori. Quantomeno abbiamo chiaro il problema: dobbiamo lavorare sulla domanda.
Premetto che per qualsiasi altro contesto sarei stato contrario, ma per questo (la lettura) sono a favore del bisogno indotto. Sono a favore del marketing al servizio dell’ampliamento della domanda. Sono a favore di una campagna per la diffusione e l’ampliamento della domanda di libri anche se i potenziali lettori (altrimenti detti consumatori) non ne sentono il bisogno.
Ora bisogna solo capire come aumentare la domanda. Ma in questo può venirci in aiuto la storia e, in particolare, la storia d’inizio novecento negli Stati Uniti d’America patria tanto del marketing quanto del bisogno indotto.
Negli anni Venti in America se da una parte la produttività (grazie soprattutto all’uso delle macchine) saliva sempre di più e quindi l’offerta aumentava, la disoccupazione (sempre a causa delle macchine che stavano sostituendo la manodopera) cresceva di pari passo e quindi le vendite e la domanda crollava. Un paradosso raro nell’epoca pre-rivoluzione industriale ma che con l’avvento dei macchinari si stava diffondendo sempre di più.
Così le imprese americane iniziarono a fare un uso massiccio del marketing e della pubblicità per trasformare una società di stampo protestante orientata al risparmio e alla sobrietà in una massa di consumatori perennemente insoddisfatti e disposti a spendere ogni centesimo risparmiato pur di comprarsi la macchina, poi la lavastoviglie, poi la casa e così via. Nasce così l’economia del consumo e il marketing come strumento per creare nuovi bisogni.
La storia del marketing è molto articolata e affascinante, ma mi fermo a questa veloce introduzione per dare uno spunto e provare a sognare ad occhi aperti. E se l’Italia fosse il primo paese al mondo ad applicare le logiche del capitalismo e del marketing alla cultura con il fine di aumentare vertiginosamente il bisogno, la domanda, di cultura? Non sarebbe fantastico? Si, lo sarebbe (almeno per me).
Alla fine ci troviamo nella stessa situazione dell’America di un secolo fa. Un’offerta di cultura altissima e una domanda bassa. Se solo fossimo altrettanto bravi ad utilizzare il marketing per i nostri fini culturali creeremo un nuovo bisogno. Quello della cultura.
Sarebbe l’inizio del capital-culturalismo.