In questi giorni mi sto perdendo dietro alla quasi divertente impresa di pianificare un bilancio quanto più verosimile per l’anno prossimo. Capire quali progetti accendere, quali aggiustare e, soprattutto, come far tornare i conti. Inevitabilmente mi vengono in mente una slavina di film, scene e personaggi che, come me, si sono trovati in quel precario limbo in cui i sogni si scontrano con la realtà. Un momento in cui il peso leggero e quasi fanciullesco di tutte le fantasie diviene improvvisamente un pesante fardello che ci portiamo dietro come prezzo per il nostro voler, sempre e comunque, andare avanti. Di tutte le immagini, più o meno azzeccate, che mi passano per la testa quella in cui più mi ritrovo è la figura, assolutamente immortale, di Totò nel film “La Banda degli Onesti” (Camillo Mastrocinque, 1956). Ho sempre pensato che la più grande caratteristica per cui sono contento di essere nato e cresciuto in Italia, è la consapevolezza di avere un’innata capacità di sapersela comunque cavare in qualsiasi situazione. Una positività quasi beffarda e ironica che deriva probabilmente da quando, come Totò, gli italiani non avevano altro che un’ingegnosa e popolana creatività che gli permetteva di vivere alla giornata, in bilico costante tra il sogno e la povertà. Penso che questo sia un ingrediente fondamentale per qualsiasi lavoro. Una capacità che non si impara a scuola o in costosissimi MBA o, peggio ancora, in ridicoli team building aziendali. Penso infatti che l’italianissima “creatività del sapersela cavare” sia l’unica vera marcia in più che ci contraddistingue.