Un giorno, durante una conferenza in cui stavamo presentando Art Kitchen, un signore si alza, prende la parola e dice: “No ok, tutto bellissimo. Ma la grana, cioè gli sghei, i soldi insomma, da dove li fate? Perché qui siamo a parlare di filosofia ma di filosofia mica si mangia”.
Oggi abbiamo un problema. O meglio, abbiamo tanti problemi, ma uno ci sta particolarmente a cuore, la lenta scomparsa dei classici. Quando si parla di formazione, si cade sempre più spesso in domande come “Quali sono gli sbocchi professionali di questa laurea?” o l’ancor più diretta “Con questa laurea che lavoro si può fare?”. Questo approccio sta portando alla scomparsa di molte lauree umanistiche (nonché alla cancellazione di materie come storia dell’arte) a favore di quelle più tecniche e, apparentemente, più sicure, verso un’ultra specializzazione delle competenze che privilegia sempre di più la tecnica rispetto all’immaginazione. Quando invece quello che serve di più oggi è avere un’apertura mentale, una cultura e una curiosità tali da poter immaginare nuovi modi di fare le cose.
Secondo un recente studio della Oxford University il 47% dei lavori attuali (dal dentista, all’economista, così come dall’attore all’agente immobiliare) potrebbe essere automatizzato nel giro delle prossime due decadi, il leadership center dell’MIT identifica nella creatività e nell’immaginazione due delle cinque risorse chiavi del nuovo leader. In quest’ottica, alla domanda “Ma che lavoro farai con una laurea in filosofia o in lettere o in sociologia o in letteratura?” dovremmo rispondere con “Non so quale lavoro farò, ma so quale lavoro m’inventerò”.
Chi, come noi, ha a che fare con l’arte tutti i giorni sa quanto sia importante la differenza tra saper fare e saper pensare. Ma soprattutto, sa che prima viene il pensiero poi viene l’azione. Quante volte di fronte a un’opera d’arte abbiamo pensato “Questo potevo farlo anche io!”. Il tema però non è saperlo fare ma saperlo pensare. Essere in grado d’immaginare qualcosa che nessuno ha mai immaginato o vedere qualcosa che nessuno vede. Lasciamo alle macchine la tecnica e godiamoci il privilegio di poter fare sghei grazie alla nostra immaginazione.