MICRO is GOOD

Scritto il 5 Ottobre 2012

Di fronte a un esercito di vice-presidenti firma carte della Teldar Carta, Gordon Gekko apostrofava l’intera società americana affermando, con tono evangelico, che l’avidità non solo è giusta ma chiarifica, penetra e cattura. Il che, visto con gli occhi d’oggi, può anche apparire vero, ma quelli erano gli anni Ottanta, con i suoi iperbolici eccessi, i suoi vertiginosi accostamenti di colore e la sua fragorosa società dopata. Ora gli anni Ottanta sono finiti e anche se per alcuni può essere difficile, è tempo di chiudere quel capitolo e andare avanti, inventarsi qualcosa di nuovo, qualcosa di radicalmente e strutturalmente nuovo.

In mezzo c’è stata la post-euforia degli anni Novanta e la finanza-crazia degli anni Zero con i suoi mutui subprime, la sua matematica speculativa e la sua corsa a un oro che in realtà non c’è mai stato. Non si può far sempre finta di niente in nome di un’innovazione coatta. Ogni tanto bisognerebbe fermarsi, guardarsi indietro e capire cosa ci ha trasformato in quello che siamo. Capire se tutto quello di cui sentiamo ogni giorno il bisogno sia veramente necessario o sia solo l’espressione di un innaturale ansia da progresso.

Oggi per salvare l’altra disfunzionante società che ha nome America o Italia o Mondo non serve più l’avidità serve la consapevolezza. Serve sapere cosa stiamo producendo ogni giorno e, soprattutto, perché lo stiamo facendo.

Serve davvero avere due auto, mangiare carne tutti i giorni, essere sempre reperibili, non staccare mai, massimizzare i profitti, speculare su tutto, ridurre tutto ad un numero, comprare una casa, poi due, con il box, sempre più grande, magari per l’hammer, bere l’acqua minerale gasata, vivere solo con l’aria condizionata, condividere tutto su Facebook, Twitter, Tumblr, Path o Linkedin.

Probabilmente no. E se solo ci domandassimo il perché delle nostre abitudini probabilmente ce ne renderemmo subito conto. In realtà ci serve molto meno di quello di cui sentiamo il bisogno. Oggi bisogna tornare a pensare in piccolo senza perdere il bisogno di sognare.