Ieri, di Domenica, sono andato a farmi fare un abito. Un abito classico leggero, in vista della bella stagione, con una buona grammatura e un gillet in lino chiaro. La lana è italiana di un lanificio di Napoli, come il sarto che mi ha preso le misure e mi cucirà giacca, gillet e pantaloni, anche lui napoletano. La sartoria è a Milano, in centro. Tutto Made in Italy. Tranne la sartoria. Olandese. Mentre mi facevo prendere le misure, e guardandomi allo specchio, pensavo a quanto fosse strano andare in una sartoria olandese in Italia per farsi fare un vestito da un sarto italiano con lana italiana e taglio italiano, a pochi chilometri da me c’erano centinaia di italiani che stavano passando la Domenica chiusi in un negozio alle porte di Milano a scegliere una cucina fatta con legno italiano, da artigiani italiani. Una cucina in tutto e per tutto Made in Italy. Tranne per il negozio. Svedese. E mentre il sarto continuava a prendermi le misure pensavo a chi di Domenica sera voleva mangiarsi una pizza fuori, come nelle migliori tradizioni italiane. Una tradizione tutta nostra. L’icona dell’italianità all’estero. Ricetta italiana, ingredienti italiani e, se va bene, pizzaioli italiani. Tutto Made in Italy. Tranne la pizzeria. Cinese. A questo punto il sarto è arrivato alla manica. Due centimetri più lunga. Lo lascio fare perché sto decisamente pensando ad altro. Mi sento confuso. Quasi ingannato. Come è possibile che anche io ci sia cascato? Sto veramente comprando un vestito Made in Italy, fatto da un sarto italiano con lana italiana in una sartoria in Italia ma olandese? Non ci posso credere. Cosa c’entra l’Olanda in tutto questo? Con che diritto l’Olanda vuole vendere il Made in Italy in Italia. Con quale spregiudicatezza la Cina vuole aprire ristoranti italiani in Italia? Secondo quale principio una catena di negozi svedese vende mobili Made in Italy in Italia? Questo è assurdo. Questa è la beffa più grande che gli italiani potevano fare a se stessi. Non possiamo essere al tempo stesso produttori e clienti di noi stessi a guadagno di altri. E’ una situazione frustrante. Insana. Contorta. Quello che ci rende unici nel mondo si sta riducendo sempre di più, ogni giorno. Il Made in Italy nel mondo si regge su tre pilastri. Design, Moda e Cibo. Non posso credere che per mangiare in una VERA pizzeria italiana debba andare all’estero, che per comprarmi un VERO vestito italiano debba andare in una sartoria olandese e per comprarmi una cucina italiana debba andare in un negozio svedese in Italia. Ma in fondo ci credo. Perché noi per primi non sappiamo valorizzare il bene più prezioso che abbiamo. La nostra cultura, la nostra storia e le nostre tradizioni. Per noi sono date per scontate, sono oggetti del quotidiano cui non vale la pena dar peso. Almeno fino a quando è uno straniero a vendercele, e allora diventano preziose. Perché sto prendendo un vestito italiano in una sartoria straniera? Perché qui hanno il rapporto qualità prezzo migliore. Perché qui ad ogni abito venduto corrisponde uno scontrino. Perché qui ho trovato un sarto preparato, competente ed organizzato. Perché qui nessuno a cercato di fregarmi. Perché qui hanno saputo farmi apprezzare il valore di una giacca e della sua grammatura. Perché qui quando sono entrato mi hanno offerto il caffé e mi hanno detto “Si prenda tutto il tempo che vuole, scegliere un vestito è un momento importante”. Perché qui non ho fatto la coda. Perché qui sanno come farsi pubblicità. Perché qui sono aperti anche di Domenica. Perché qui sanno come fare business in maniera etica ed intelligente. E perché di fondo anche io sono un pigro italiano con una moto inglese, che ascolta musica straniera, guarda film stranieri, visita mostre di artisti stranieri, studia libri, testi e filosofie di pensatori stranieri, fa lunghi viaggi all’estero, sogna un domani di poter vivere all’estero, lavorare all’estero e, che ogni giorno, parafrasando il testo di una canzone di un gruppo straniero, i Kaiser Chiefs, ama il suo paese less and less.