All’interno della sesta fase del mio libro «Fai Fiorire il Cielo» parlo di come una crisi non sia un ostacolo, qualcosa di negativo, ma bensì qualcosa di positivo, un’opportunità. Crisi è un termine che viene dal greco κρiνω, decidere, scegliere, e quindi cambiamento, sospensione della regolarità, momento di passaggio. Dallo stesso termine derivano altre parole che hanno assunto, nel corso dei secoli, accezioni molto più positive di crisi, come crisalide intesa come stadio intermedio di una metamorfosi che porta a qualcosa di migliore.
Pensiamo alle molte aziende che oggi dettano gli andamenti del Dow Jones e che sono nate durante un periodo di crisi. La Alcoa come la Coca-Cola, la Johnson&Johnson, la ExxonMobil, la General Electric e la Chevron sono state fondate durante la grande depressione di fine Ottocento. Walt Disney durante quella del 1923-1924. Hewlett-Packard e McDonald’s durante quella cominciata nel 1929. La Bank of Italy, fondata da Amadeo Giannini nel 1904 e poi diventata Bank of America, deve parte della sua fortuna al terremoto che sconvolse San Francisco nel 1906, così come la Microsoft Corporation ha iniziato la sua attività durante la recessione della metà degli anni settanta.
Nel suo saggio «Futuro», l’antropologo francese Marc Augé parla di crisi dei cent’anni per sottolineare come la crisi, di cui oggi tanto si parla, sia in realtà il proseguo di un periodo di crisi che tutto il mondo sta vivendo da ben prima del fatidico crollo delle Lehman Brothers. Il Novecento è stato un secolo di crisi, guerre, morti, rinascite, shock petroliferi, energetici e ambientali, malattie ed epidemie. E la storia attuale è frutto di tutte queste crisi. Anzi, molti dei progressi che rendono il mondo di oggi un mondo migliore nascono proprio da queste crisi. Mentre, paradossalmente, molti dei fattori che rendono il mondo di oggi un mondo peggiore derivano da storie di successo. La politica economica di Reagan, la deregulation, Enron, il consumismo e tutte le grandi storie di “successo” del secolo passato sono alla base di molte delle crisi che oggi stiamo vivendo. Eppure un tempo venivano celebrate come degli straordinari successi politici ed economici.
John Maynard Keynes ci ricorda che una depressione (o crisi come la chiamiamo oggi) può essere una grande opportunità di crescita e di ripresa. A patto che ci sia la voglia, soprattutto da parte dello Stato, di investire e di rilanciare l’economia. Se invece, uno stato di crisi si traduce in una diffusa apatia, in un’austerità fine a se stessa dove, come diceva Zygmunt Bauman, si evita anche l’acqua fredda per paura di scottarsi, allora si arriva al paradosso per cui la paura della crisi genera la crisi. In quest’ottica tornano alla mente le parole di Nietzsche che nel suo «Ecce Homo» puntava il dito contro la tendenza dell’uomo buono a mantenere intatte le condizioni della sua esistenza anche a costo di ricorrere alla menzogna, al non volere vedere come in fondo è fatta la realtà: «Considerare tutte le crisi in genere come un’obiezione, come qualcosa che bisogna eliminare, è la niaiserie par excellence, nel complesso, una vera disgrazia nelle sue conseguenze, un destino di sciocchezza, di tale sciocchezza quasi come lo sarebbe la volontà di eliminare il maltempo».
Seguendo le parole del filosofo tedesco, le crisi non sono qualcosa da eliminare o evitare ma anzi da affrontare e valorizzare. Sono un importante momento di riflessione da cui ripartire per cambiare le logiche che in passato hanno creato i problemi che ora stiamo vivendo. Passando dal secolo passato a quello presente, molte delle aziende che oggi stanno rivoluzionando i paradigmi dell’economia e dell’imprenditoria nascono da crisi, nascono dalla necessità di una persona o di una collettività di risolvere un problema. La piattaforma on line Airbnb oggi valutata 13 miliardi di dollari, nasce dall’esigenza dei fondatori di far fronte alla crisi degli affitti a San Francisco. Rimanendo all’interno del mercato della Sharing Economy, BlaBlaCar nasce dalla necessità del fondatore di vivere in uno dei Paesi più cari al mondo, la Francia, senza potersi permettere una macchina. Se invece, come l’uomo buono di Nietzsche, continuiamo a evitare di affrontare la crisi sarà difficile uscirne per inerzia.
* La foto che ho scelto per questo articolo è un’opera dell’artista Blu.