Il primo Dicembre 1955, Rosa Parks scandalizzò l’intero stato dell’Alabama rifiutando di cedere il proprio posto sull’autobus di Montgomery a un passeggero bianco. Sebbene Rosa Parks non sia stata la prima persona a opporsi alla segregazione razziale sugli autobus, il suo gesto ispirò e diede inizio al Movimento per i Diritti Civili guidato da Martin Luther King, Jr.
Parlare oggi di segregazione razziale in America (o in qualsiasi paese del mondo) può apparire un abominio. Pensare che possano esistere posti di un autobus riservati ai bianchi e posti riservati ai neri ci sembra un’assurdità, una negazione di quei diritti civili di cui Rosa Parks è diventata un’icona. Eppure una forma di segregazione non più razziale, ma economica, non solo continua a esistere in tutto il mondo ma si sta diffondendo e sta aumentando in qualsiasi paese.
Per rimanere all’interno dell’ambito dei trasporti, che cos’è la business class se non una forma di segregazione capitalistica? Il paradigma è lo stesso: ricchi davanti con posti più comodi e servizio migliore e meno-ricchi dietro. Eppure tra la business class e la segregazione razziale c’è una differenza enorme. Anzi due differenze: 1) La non-ereditarietà e 2) la possibilità di scegliere. Chiunque, in teoria, può scegliere se spendere tanto e godersi i privilegi della business class oppure risparmiare e viaggiare in economy. Non è un fattore razziale ma puramente economico e questo fa si che ai nostri tempi nessuna Rosa Parks si rifiuti di cedere il proprio posto a chi viaggia in business.
Il sogno americano ci insegna che chiunque può nascere povero e diventare ricco. Le storie sono tante, da Ronald Reagan a Jon Corzine di Goldman Sachs passando per personaggi come Chris Gardner che, con la sua parabola da self-made-man, ha ispirato il film “Alla ricerca della felicità” diretto da Silvio Muccino. L’idea è che tutti potenzialmente posso diventare ricchi. Mentre chi nasce nero lo rimane. E questa possibilità toglie ogni collagamento tra segregazione razziale e segregazione economica.
Ma se, come sostiene l’economista francese Thomas Piketty, viviamo un’epoca storica in cui la crescita economica e demografica è sempre più lenta e quindi quella finanziaria legata al reddito prende il sopravvento, non solo i ricchi saranno sempre più ricchi ma anche chi nasce ricco sarà sempre più ricco e chi nasce povero sarà sempre più povero. Ed è proprio in questo punto che la segregazione economica si avvicina sempre di più a quella razziale. Nel momento in cui la propria ricchezza non è qualcosa che si è guadagnato ma qualcosa che si è ereditato (al pari del colore della propria pelle) allora il merito e, soprattutto, la possibilità di scegliere se sedersi in business o in economy viene meno.
Senza raggiungere le visioni apocalittiche del film di fantascienza “Elysium” diretto da Neill Blomkamp che immagina un mondo distopico in cui l’umanità risulta divisa tra pochi eletti, i ricchi, che vivono su una enorme e lussuosa stazione spaziale chiamata Elysium, e i poveri, che vivono sul pianeta Terra, ormai sovrappopolato, degradato e poco abitabile, penso sia molto importante continuare a chiedersi se quello che oggi ci appare normale e accettabile non verrà giudicato un domani come un’aberrazione del nostro tempo.