Nel film The Secret Life of Walter Mitty, Ben Stiller (che qui è anche regista e produttore) interpreta Walter Mitty, impiegato, costantemente in bilico tra sogni (propri) e realtà (altra), che lavora nell’archivio dei negativi della rivista Life da sedici anni. Trovatosi difronte alla necessità di recuperare un negativo che risulta smarrito, si mette sulle tracce del fotografo Sean O’Connell, interpretato da Sean Penn. Dopo averlo seguito per mari (quelli gelidi della Groenlandia) e monti (quelli innevati dell’Himalaia), Walter Witty riesce a scovare il fotografo intento a osservare attraverso un obiettivo un leopardo delle nevi. Appena i due avvistano l’animale, Sean si ferma lo guarda ma non scatta la foto. Witty gli domanda perché e lui risponde: «If I like a moment, for me, personally, I don’t like to have the distraction of the camera. I just want to stay in it» E poi prosegue con la frase, a mio avviso, più significativa del film:
«Beautiful things don’t ask for attention»
Penso sia un concetto molto contemporaneo. Nell’era dei social media il bisogno di attenzione è schizzato alle stelle. Chiunque attraverso un profilo Facebook (o quello di qualsiasi altro social network) può crearsi una versione della propria vita che corrisponda al proprio canone di bellezza e provare a spacciarla come tale, nella speranza che questa attiri l’attenzione di più persone possibile. Una disperata ricerca di attenzione che (come tutte le ricerche), si fonda su una profonda mancanza di attenzione. L’esasperazione (ironica e un po’ cinica) di questa condizione di vita la si può trovare nel cortometraggio What’s on your mind? diretto da Shaun Higton che racconta la parabola di un giovane ragazzo, Scott Thomson, la cui vita reale è inversamente proporzionale alla sua vita parallela su Facebook. Più la realtà diventa un incubo più dal suo profilo Facebook sembra un sogno.