Il mio entusiasmo è a prova di bomba. Davvero, a volte non ci credo neanche io. E oggi l’entusiasmo serve più di ogni altra cosa. E non solo a Natale, ma tutto l’anno. Sono come il fanciullino di Pascoli, sempre in giro a cercare meraviglia e sprofondar poesia in ogni dove. Mi piace quello che faccio e questo mi rende sempre entusiasta.
Ma, come diceva l’uomo che cade da un palazzo di 50 piani nel film l’Odio di Kassovitz, il problema non è la caduta ma l’atterraggio, e quando il mio entusiasmo atterra sul contesto che ci circonda, si smorza. S’infrange di fronte alle false promesse e agli infiniti tempi decisionali che, il più delle volte, si traducono in un disarmante stand-by. Una specie di limbo paludoso e ipocrita dietro cui si nasconde chi non sa dire di no.
Dire “no” invece non fa male. Anzi, dire “no” fa bene, è sano e chiarifica. Permette di voltare pagina, d’inventare qualcosa di nuovo, di fare nuove proposte per nuovi progetti. Ogni “no” è l’inizio di molti “si”. E, personalmente, sono un fan del “si”. Quello che non ci piace, neanche a Natale, sono le palle. E, purtroppo, ne sentiamo sempre più spesso. “No ma non ti preoccupare che lo facciamo il progetto solo che ora è un attimo in stand by”. Palla. “Lo so che la fattura a 90 giorni scadeva il mese scorso però sicuro entro un mese vi paghiamo”. Palla. “No, guarda, scusa davvero, domani ti faccio sapere”. Palla. “Il progetto è davvero geniale, solo che ora abbiamo problemi di budget”. Palla. “Fai così, girami il progetto e ci penso io, tranquilli”. Palla “Fatemi solo queste ultime modifiche e poi ci siamo”. Palla. “Massimo fine Maggio e vi diamo conferma”. Palla. “No ma se ti dico così è così”. Palla. “Lo so che ci state lavorando da mesi ma qui, sai, è sempre un casino”. Palla. “No, ma i vostri progetti sono fantastici! Giovedì passo da voi e vediamo come esportarli anche fuori dall’Italia”. Palla.
Chi vuole altre palle di Natale le trova sull’albero di Natale, io sono più per le stelle che per le palle, e Natale è un bel momento per mettere da parte le palle e tornare a concentrarsi sulle stelle. Tornare a immaginare, a costruire e, soprattutto, a desiderare secondo il suo significato più profondo di de-sideràre, guardare attentamente le stelle per far fiorire il cielo.