Capire oggi cosa sia bene e cosa sia male è sempre più complesso. Dai tempi di Protagora, e del suo uomo come misura d’ogni cosa, tutto è relativo. Spengler ha relativizzato la morale. Einstein lo spazio e il tempo. Wittgenstein la conoscenza. Nietzsche il bene e il male, Popper l’errore e Gaber la destra e la sinistra. Fino ad arrivare ad un relativismo esasperato che ha finito con l’implodere in un diffuso senso di sfuocata inconsapevolezza del proprio ruolo nel mondo e nel tempo.
Come ci saremmo comportati noi in un tempo diverso dal nostro? Quale sarebbe stato il nostro ruolo? Come ci saremmo comportati se fossimo stati giovane ai tempi del Fascismo, se avessimo partecipato ad una delle tante guerre che hanno caratterizzato la nostra storia? Da che parte saremmo stati durante gli anni di piombo in Italia? A chi avremmo dato il nostro voto nell’Italia degli anni ’20? Saremmo stati veramente in grado di metterci contro regimi e dittatori? Avremmo manifestato contro la guerra in Vietnam? Avremmo avuto il coraggio di mollare tutto e arruolarci tra i Partigiani? Facile dirlo oggi con la sicurezza di chi non ha mai vissuto il terrore della guerra, di chi può girare liberamente per il mondo e di chi può domandarsi ogni giorno il perché delle cose.
Chi in passato ha preso parte agli orrori della storia, aveva consapevolezza di quello che stava facendo? Aveva coscienza del suo ruolo in quel preciso momento storico e di quello che stava accadendo intorno a lui? Forse no. Forse per lui, o per lei, tutto quello che oggi ci appare assurdo, inumano e abominevole era (relativamente) normale. Faceva parte della vita quotidiana. E, in quanto tale, era accettabile. Da una parte del mondo si conservano pezzi di muro come feticci di una vergogna storica che, giuriamo, mai riaccadrà, mentre dall’altra parte del mondo si costruiscono muri sempre più alti come se le lezioni della storia si fossero frantumante di fronte all’arroganza del presente. E noi in tutto questo dove siamo?
Chi verrà dopo di noi come ci giudicherà? In un futuro senza più acqua, cosa penseranno delle nostre abitudini? In un futuro senza più pena di morte, cosa penseranno di fronte alle foto di giovani soldati americani in Iraq? In un futuro soffocato dal petrolio cosa penseranno di fronte a foto di giovani bloccati in code chilometriche di automobili accese? In un futuro senza più capitali cosa penseranno di fronte al consumismo e alla finanza speculativa? In un futuro senza più ideali cosa penseranno di fronte ai nostri politici? Parafrasando i Manic Street Preachers, se tolleriamo tutto questo a pagarne le conseguenze saranno i nostri figli.