Parafrasando il fondatore del movimento Dada, Tristan Tzara, per credere alle medicine bisogna prima essere malati. O almeno pensarsi tali. Nel 1920, la casa farmaceutica Roche, di fronte all’imminente saturazione del proprio mercato ha avuto un’idea per quei tempi assolutamente rivoluzionaria. Perché limitarsi a curare una malattia quando si può curare l’idea della malattia? Anticipando così non solo un guadagno futuro ma anche una delle più grandi tendenze del futuro. Prevenire.
Tutto il nostro sistema non si basa su quello che realmente c’è o non c’è. Si basa sulla stima preventiva di quello che ci sarà o non ci sarà. Abbiamo dissacrato a tal punto il concetto di futuro che siamo arrivati alla presunzione di poterlo controllare e di poterlo attualizzare secondo la nostra volontà e i nostri interessi. Come il povero servo del mito “Appuntamento a Samarra”, che dopo aver visto la morte al mercato spera di sfuggirla correndo veloce sul suo cavallo a Samarra, dove, ironia della sorte, lo attendeva la morte.
Facciamo guerre preventive per prevenire (ipotetiche) guerre future. Paghiamo assicurazioni per prevenire (ipotetiche) spese future. Facciamo crollare mercati e titoli azionari per paura che (ipoteticamente) possano crollare. Attualiziamo tassi di interesse per prevenire (ipotetici) andamenti del mercato. Compriamo, accumuliamo e produciamo molto di più di quello che serve per prevenire (ipotetiche) mancanze future.
Il futuro non è qualcosa da prevenire. Qualcosa da temere, qualcosa di cui avere paura. Il futuro è qualcosa da costruire. Qualcosa di cui innamorarsi. Parafrasando il filosofo sloveno Slavoj Zizek, noi siamo l’inizio, non la fine. E l’inizio non si può prevenire, si può solo immaginare.
Tantissimo destino a tutti.