Gli inglesi, come gli americani, hanno una pragmatica capacità di sintesi che noi, profondissimi italiani, non possiamo che invidiargli. Così alla domanda “Sir Branson, ci spieghi il segreto del suo successo in tre concetti“, Richard Branson, fondatore del gruppo Virgin, ha risposto con tre semplici parole: “People, People, People“.
Come ci ricorda un altro grande inglese, Bill Fay, che ha intitolato il suo ultimo album semplicemente “Life Is People”, la gente, le persone, sono l’essenza stessa della nostra vita. Sono ciò che determina il movimento del mondo e ne influenza il suo futuro.
Tutto ruota ed è generato dalle persone. Le occasioni sono persone. La storia è persone. Il lavoro è persone. I paesi sono persone. Gli insegnamenti sono persone. I successi, come gli insuccessi, sono persone. I mercati sono persone. E, persino dietro l’euribor, il libor e tutti quei boriosi -bor la cui vertiginosa ascesa ha contribuito a quella che oggi, le stesse persone che l’hanno creata, cercano di farcela passare come la più grande crisi dell’ultimo secolo, ci sono le persone.
Il rischio più grande del nostro secolo è la de-personalizzazione delle nostre azioni. L’anonimato di internet, la matematica dietro la finanza, la responsabilità limitata degli amministratori delegati, le vertiginose scatole cinesi delle corporations, le leggi ad personam della politica italiana, la cartolarizzazione dei prestiti e tutti gli artifici dell’epoca contemporanea ideati per spostare la responsabilità dal chi al cosa, hanno creato un sistema dove il concetto di persona è sempre più distante dalle conseguenze delle sue azioni.
L’unico antidoto a questo rischio è tornare a guardarci in faccia. Il destino nostro e quello del mondo dipende da chi lo fa non da cosa lo fa.
Tantissime belle persone a tutti.