Citando l’irriverente e titanico Dr. Frank-N-Furter di “The Rocky Horror Picture Show”, non bisognerebbe mai giudicare un libro dalla sua copertina. La copertina sta al gusto, spesso discutibile o puramente commerciale, dell’editore, quello che conta veramente è il suo contenuto, il senso delle sue parole, la metrica e l’eleganza stilistica che lo contraddistingue. Tutto vero. Ma oggi, in un’epoca dove il tempo della comunicazione si sta riducendo a pochi secondi tra un input e un altro, dove le rivoluzioni si fanno con 140 caratteri e dove i la mole di messaggi che ci circonda cresce di ora in ora, non è più possibile trascurare l’estetica delle cose. Oggi il messaggio passa per l’estetica. Fino alla sua esasperazione. Fino a divenire l’estetica stessa il messaggio. Il Media è il Messaggio come sosteneva Marshall McLuhan già nei primi anni sessanta. Una delle profezie mediatiche più azzeccate del secolo passato. Oggi si parla per slogan, colori, immagini. Ci si gioca tutto nei primi sette secondi, quelli in cui si elabora il primo giudizio, il più istintivo e difficilmente modificabile. E’ per questo che è sempre più necessaria una coerenza estetico-contenutistica. Il contenuto non può prescindere dalla sua estetica. L’abito oggi fa il monaco così come la copertina di un libro fa il libro. Questo ovviamente vale anche al contrario, così come non può esserci contenuto senza estetica altrettanto non può esserci estetica senza contenuto. Uno dei temi più preoccupanti dell’epoca contemporanea è proprio l’estetica fine a se stessa, prosciugata dal suo contenuto. Oggi fare estetica è facile, la nostra generazione è nata con il boom della pubblicità ed è cresciuta con il boom di internet. Parla per slogan, comunica per natura, traducendo l’estetica in messaggio. Le occupazioni sembrano sempre di più delle campagne marketing, le manifestazioni hanno il volto di un fumetto e la politica parte dai simboli nella speranza di appiccicargli per sbaglio qualche contenuto. Il rapporto estetica contenuto negli ultimi anni si è invertito. Prima era l’estetica al servizio del contenuto, oggi è il contenuto al servizio dell’estetica. Prima si costruisce l’immagine coordinata poi si trova il contenuto che meglio la giustifichi. E questo è molto frustrante. Perché l’estetica di per sé non basta. Non basta un bel logo per fare un’occupazione così come non basta uno slogan per fare politica. Di magliette con la scritta “Fuck You” a caratteri cubitali è pieno il mondo. Ma un conto se ad indossarla è Lisbeth Salander, hacker anarchica aperta a qualsiasi tipo di esperienza sociale, sessuale e professionale. Un conto se ad indossarla è un giovane frustrato perfettamente inserito nel sistema, che utilizza il media (in questo caso la maglietta) come mero sfogo per sentirsi un po’ meno omologato di quello che in realtà è. Nel primo caso (seppur immaginario) c’è coerenza tra il messaggio (l’estetica della maglietta) e il contesto. Nel secondo invece l’estetica è un palliativo, irritante e vigliacco, una sorta di rivoluzione muta e fine a se stessa. Cosa vuole comunicare al mondo? Che accetta il sistema ma di fondo vorrebbe fottere chiunque? La rivoluzione è una cosa seria, o la si fa o non la si fa. Non si può stare nel sistema, accettarne regole e dinamiche e poi mettersi una maglietta con scritto “Fuck You” per sentirsi meglio. Quando si lanciano dei messaggi, anche solo attraverso una maglietta, bisogna avere coerenza tra quello che si dice e quello che si fa, altrimenti saremmo solo degli ipocriti fashion victim privi di contenuti. Come i fashion designers che durante la settimana della moda a Milano vanno in giro con la maglietta “Fashion Sucks” oppure “Odio i Fashion Designers”. Kurt Cobain dopo essersi fatto fotografare con la maglietta “Grunge is Dead” si è ucciso dando senso alla sua totale intolleranza per il sistema che lui stesso aveva contribuito a creare. Jhonny Cash vestiva sempre di nero e ha fatto anche una canzone per elencare tutti i motivi per cui si vestiva di nero. Dai prigionieri vittime del loro tempo, ai poveri e a tutti quelli che non han mai letto o sentito le parole di Gesù. L’estetica è un’espressione e così deve rimanere. Se l’estetica diventa il contenuto si trasforma nella sua più pericolosa degenerazione. Non è un caso che un movimento totalmente contenutistico come il punk abbia smesso di esistere nel momento in cui la sua estetica è stata commercializzata e strumentalizzata. Lasciando spazio ad un pop corretto ed edulcorato che mette gli asterischi al posto delle lettere, trasformando l’estetica in un anestetico per la massa.