La degenerazione è uno dei concetti più affascinanti e controversi dell’epoca contemporanea. La degenerazione è di per sé un momento chiave dell’evoluzione o, più in generale del cambiamento. Ogni cambiamento è passato dalla degenerazione del momento precedente che ha fatto strada alla sua naturale trasformazione. Un sistema è destinato di per sé a mutare e ogni tentativo di mantenimento dell’ordine coatto non solo è impossibile da applicare ma è altamente dannoso. Quello che temo o, meglio, quello che mi preoccupa della degenerazione non è mai la degenerazione in sé ma la degenerazione della degenerazione. Quel momento in cui la degenerazione, che per molti versi può essere paragonata come forza propulsiva all’avanguardia, non si trasforma nel suo opposto negativo è cioè la degenerazione di se stessa. E’ quello che succede prima o poi a tutti i movimenti artistici, culturali o sociali che, esaurita la loro pulsione vitale si trasformano in un lascito innocuo di quello che erano un tempo. E’ successo tanto alla musica con il punk, tanto all’arte con la body art, quanto alla politica con il socialismo e più in generale con tutti quei movimenti che nel loro punto di degenerazione non sono riusciti a creare i presupposti per qualcosa di nuovo che prendesse dalle loro ceneri la forza e l’energia per rivoluzionare ma si sono esauriti nella loro stessa degenerazione, diventando così un momento della storia fine a se stesso. Il punto più estremo di questo processo è quello che coinvolge la degenerazione del concetto di shock che sta alla base tanto della degenerazione propulsiva quanto di ogni avanguardia storica o artistica. Lo shock e la degenerazione sono due punti di svolta molto vicini, spesso assimilabili che insieme possono scatenare una rivoluzione come possono annullarsi tra di loro. Se lo shock prende il posto della degenerazione il rischio degenerazione della degenerazione non c’è e la degenerazione diventa qualcosa di propositivo, sano e fondante. Se invece accade il contrario e la degenerazione prende il posto dello shock allora si creano mostri perché si strumentalizza lo shock per far notizia o peggio per perseguire obiettivi privati. E’ per questo che mi sento di giustificare lo shock unicamente come mezzo artistico. Solo l’arte contemporanea ha il diritto e il dovere di creare shock. Lo shock non può essere sistemico. Può scuotere il sistema ma non può sostituirlo. Vivere su una tensione costante di shock questo è il fine dell’arte contemporanea. Un tema chiave per comprendere le dinamiche che da Warhol a Hirst ne hanno dettato i paradigmi. Lo squalo in formaldeide di Hirst nasce per shockare. Le prostitute di Teheran dell’artista iraniana Shirin Fakhim nascono per shockare. Il bambino con il tamburello di Cattelan, come le gigantesche sculture di Ron Mueck o quelle perverse dell’artista americano Paul McCarthy o dei Chapman Brothers nascono per shockare. La morte dello shock è la noia dell’arte. Un politico non deve shockare, un giornalista non può shockare. Lo shock fine a se stesso o peggio lo shock al fine di qualcuno. La strumentalizzazione dello shock per propri fini è un crimine.