Il momento esatto non me lo ricordo, però nella vita di ogni giovane italiano arriva il momento in cui, guardando la rubrica del proprio cellulare, si rende conto di avere più amici con il numero straniero di quelli con il numero italiano. E magari sono gli stessi di sempre. Quelli con cui sei cresciuto. Quelli con cui hai condiviso progetti, pensieri, spazi. E che ora stanno condividendo spazi, progetti e pensieri in altri luoghi del mondo e, il più delle volte, riuscendo anche a realizzarli. Di per sé è una presa di consapevolezza tanto importante quanto frustrante. Una presa di consapevolezza che ti lascia senza parole, fermo, a scorrere la rubrica del tuo cellulare nella speranza di sbagliarti, per poi scoprire che non è così. Ti rendi conto che il tuo mondo è la fuori e che qui non c’è più spazio per te. Ti senti straniero senza mai aver lasciato il tuo paese. E’ una sensazione strana. Penso che il marine-guerriero Jake Sully abbia provato una sensazione simile quando si è svegliato tutto blu nel mezzo di una foresta iper-tropicale sul mondo di Pandora. Il suo cervello c’era, era con lui, poteva sentirlo, ma tutto attorno il mondo era cambiato senza che lui si fosse mosso di un passo. Ecco forse questa sarebbe la soluzione. Dovrei mettermi anche io in un teletrasportatore in una quache foresta del Bel Paese e lanciare il mio corpo da qualche altra parte. Non so a Londra, o a Sydney o a Pechino. Ovunque nel mondo. Ma non qui. Non nel paese dei vecchi che si fanno grandi con i discorsi per i giovani. Sembra che i “Giovani” siano il tema dell’anno. Tutti ne parlano. Napolitano ne ha parlato molto nel suo discorso di fine anno. Berlusconi ama circondarsi di giovani. E intanto nessuno si muove, i giovani fuggono e quelli che restano si sentono sempre di più degli alieni senza patria.
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