Penso che il mondo possa essere diviso in molte macro-categorie. Che vanno dalla più strutturale “Il mondo si divide in due categorie di persone: Chi non ha personalità e chi ne ha più d’una” al più inutile “Ci sono quelli che schiacciano il dentifricio a caso e quelli che lo piegano partendo dal fondo”. Dal mio punto di vista penso che le persone si possano dividere sostanzialmente in due categorie. Chi, per sorte o per personalità è più di stampo schellinghiano e chi è più di stampo hegeliano. Onestamente non so quale delle due categorie sia la migliore. Grossolanamente posso dire che alla prima categoria appartengono tutti coloro che hanno avuto la fortuna di godersi la gloria in vita, cavalcare le onde del proprio momento storico e trovarsi in breve a realizzare le proprie aspirazioni. Alla seconda invece, appartengono tutti coloro che nella vita si sono sempre sbattuti con metodo e razionalità, correndo dietro alle proprie ambizioni per costruire un futuro indubbiamente più solido ma che sono riusciti a godersi solo in parte. Non è un caso che oggi, dopo duecento anni, tutti conoscano bene Hegel e meno bene Schelling, mentre duecento anni fa era esattamente l’opposto. Detto questo è inutile nascondere la mia totale devozione al pensiero hegeliano verso il quale, un po’ per indole, un po’ per sorte, mi sento molto più vicino. Ciò nonostante c’è una frase di Schelling che mi porto dentro da sempre e che spesso mi ripeto per adeguarmi al contemporaneo e al mondo, soprattutto professionale, con cui mi relaziono ogni giorno. “La Bellezza è una promessa di felicità”. Una frase che ho sempre apprezzato più dal punto di vista dell’utilità empirica che per il suo senso filosofico. Eppure oggi, per la prima volta, ne colgo il senso e soprattutto l’ammonimento. Mai come oggi vedo il concetto di Bello a rischio, non tanto per la crisi o per l’impossibilità di accedervi, quanto piuttosto perché oggi la Bellezza è un qualcosa di dato per scontato o, peggio ancora, di trascurabile. Quando parlo di Bellezza non mi riferisco ovviamente al mero lato estetico del suo significato, quanto piuttosto all’importanza della cura e del rispetto della cosa. Anche il punk, il movimento che per eccellenza negava il concetto classico di Bellezza, aveva una sua Bellezza e la sprigionava in ogni sua azione. Oggi questo senso del Bello è messo a rischio. E’ messo a rischio dalla noia sterile del contemporaneo, dal concetto di low cost, dalla degenerazione del punk prima e del grunge poi, dalla superficialità, dal consumismo, dalla politica dell’usa e getta, dalla globalizzazione, dall’azzeramento dell’estetica e delle tradizioni locali, dalle mode senza essenza, dall’apatia, dalla mancanza di carattere, dalla volontà di non schierarsi e da tutte quelle persone che appartengo alla prima categoria del mondo, quelli senza personalità. Ma soprattutto è messo in crisi dalla sempre più diffusa mancanza di volontà di “amarsi-sempre” anche solo per la consapevolezza che il momento che si sta vivendo non lo si vivrà più nella vita e, in quanto tale, qualunque esso sia, va vissuto nel migliore dei modi senza mai perdere di vista l’importanza di valorizzare la propria vita in una costante tensione verso la ricercatezza di un’estetica propria che trasudi la vita che ognuno si porta dentro. Bellezza come celebrazione della vita e promessa di felicità. Contro il dilagare del brutto come espressione di una noia passiva verso la vita stessa.