L’unica degenerazione che salvo dell’esistenzialismo è il Punk. Tutto il resto mi irrita. Questo importante concetto l’ho realizzato ieri quando mi è capitato di ascoltare una vecchia canzone dei Nirvana. Probabilmente il mio pensiero assolutamente negativo era dettato anche dalla consapevolezza, sempre più gelida, della fine dell’estate e del conseguente avvicinarsi dell’inverno, stagione che, per inciso, trovo assolutamente fastidiosa. Fatto sta che la voce forzatamente esasperata di Kurt Cobain unita ad una lenta elencazione di tutte le sue lagnose ed auto-referenziali paranoie da sedicenne post-modermo senza nulla da fare se non piangersi addosso, ha creato in me un’incontrollabile reazione grunge-clastica che stava per compromettere tutto il movimento. Dai Pixies fino a toccare i primi album dei Pearl Jam che, da sempre, rappresentano un punto cardine della mia evoluzione musicale. Il tutto unito ad un’incessante pioggia post-estate che mi ha sbattuto in faccia l’arrivo del freddo, del buio e di tutte quelle cose che tristemente caratterizzano l’autunno. Superato però il momentaneo meteo-condizionato mi sono reso conto di come il contemporaneo abbia dato sfogo alla declinazione più ovvia e pigra dell’esistenzialismo, tralasciando quello che più mi entusiasma di questo pensiero assoluto. La forza della consapevolezza della propria esistenza. La spinta propulsiva della noia del quotidiano. La potenza e la responsabilità dell’individuo libero da tutto. La volontà di una costante ricerca di autenticità e di libero arbitrio. Tutto questo sembra essersi perso in un’eclisse di vertiginosi horror vacui in cui l’impegno esistenzialista nei confronti della vita stessa sembra essersi trasformato in un annoiato tentativo di ritirarsi da essa. Un mio amico un giorno ha fatto una linea di magliette sulle quali ha splendidamente sintetizzato il mio concetto di esistenzialismo. “Destroy everything for a better tomorrow”. A Milano ne ho viste a centinaia. Una frase magnifica in cui è concentrata tutta l’energia di chi sempre e comunque vuole migliorare la propria vita. Questo è per me l’esistenzialismo. Non potrei sintetizzarlo meglio. Eppure oggi, il suo vitale lascito sembra essersi infranto di fronte alla comoda concezione del “Destroy Everything” punto, se la lunga ma necessaria volontà di ricostruire un domani migliore. L’esistenzialismo oggi è stato come de-hegelizzato. E’ stato privato della sua forza e tradotto in dottrina pop. Non poteva andargli peggio.