Non so perché. Ma dai tempi della mia prima cassetta di London Calling, Joe Strummer scandisce ciclicamente le mie giornate. Così anche in questo periodo mi trovo, quasi casualmente, ad inciampare ancora sulla chitarra strimpellata di Joe Strummer e, in particolare, quella del periodo post-clash dei Mescaleros. Mentre ascolto questo melting-pot di rock, punk e world-music mi rendo conto che, tranne per qualche breve migrazione sonora, per me esiste una sola espressione musicale. Il Rock. Certo, vivo nel 2009, e, per quanto sia alla costante ricerca di strade a senso unico e antiche categorie sempre in ordine, penso sia assolutamente impossibile non lasciarsi contagiare dalla promiscuità culturale, artistica e musicale che caratterizza la nostra epoca. Confesso quindi che talvolta, forse spinto dall’estemporaneità del contemporaneo, scivolo su sperimentali divagazioni elettroniche. Ascolto i classici da Aphex Twin ai Kraftwerk, mi rilasso con Brian Eno e Peter Kruder, quasi mi lascio convincere dai suoni degli Infected Mushroom e degli Underworld o dalle produzioni di Andrew Weatherall o quelle un po’ più pop dei Royksopp e degli Hot Chip. Però non riesco mai a togliermi di dosso un profondo senso di vuotezza e insignificanza. Ho sempre l’impressione di ascoltare musica da aeroporto. Buona, cattiva ma pur sempre musica da aeroporto. Così devo necessariamente virare sul Rock. Su tutto il Rock possibile. Hard Rock, Glam Rock, Indie Rock, Rock Classico, Rock Anni ’50, Post Rock, Pop Rock, Rock Psichedelico, Rock Folk, Rock Punk, Rock Sperimentale.