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CORRENTE

A cura di Jacopo Perfetti.

Buongiorno,

oggi ti scrivo da una delle mie città preferite al mondo, Venezia dove sto tenendo un corso di imprenditoria in CaFoscari. Inevitabilmente le mie lezioni sono spesso scivolate sul tema dell'Intelligenza Artificiale che riguarda ormai qualsiasi cosa facciamo, dal nostro lavoro alla nostra salute mentale.

A tal proposito, nella sua ultima newsletter, Scott Gallaway riflette sul rischio di limitare le nostre relazioni sociali o delegarle ad un algoritmo.

Secondo diversi studi infatti la mancanza di relazioni sociali potrebbe aumentare le nostre probabilità di morire prematuramente. L'isolamento sociale è infatti associato a un aumento del 29% del rischio di malattie cardiache e del 32% del rischio di ictus.
E su questo l'Intelligenza Artificiale Generativa non penso possa aiutarci, anzi potrebbe peggiorare la situazione.

Se da una parte sono convinto dell'utilità dell'Intelligenza Artificiale per migliorare la nostra produttività, scoprire nuove cure, ridurre i lavori routinari o rischiosi per l'uomo, accelerare i nostri processi creativi e aiutarci a lavorare meno meglio, dall'altra parte sono altrettanto convinto che questa tecnologia non potrà mai sostituire l'essere umano nelle nostre relazioni sociali.

Pensiamo ai Social Media. Sebbene siano nati come strumenti per connetterci e farci sentire meno soli, sono sempre di più gli studi che dimostrano come eliminare o ridurre l'utilizzo dei Social Media abbia un impatto positivo sulla nostra autostima e sul nostro benessere mentale (ovvero meno gli usiamo e meglio stiamo).

Con l'Intelligenza Artificiale Generativa potremmo correre lo stesso rischio.

Già oggi esistono molti servizi sociali basati su IA: Psicologi virtuali, fidanzate e fidanzati virtuali, amici virtuali, e persino versioni di sé virtuali con cui chattare.

Grazie a tecnologie come Replika o CallAnnie infatti, film fantascientifici come "HER" si sono trasformati in scienze fantastiche con cui possiamo interagire ventiquattr'ore al giorno sette giorni su sette.

Tuttavia questi strumenti non solo non ci aiutano a sentirci meno soli ma potrebbero anche darci l'illusione di non esserlo. Potrebbero darci l’illusione di essere sempre ascoltati, di avere migliaia di amici e di essere sempre al centro dell’attenzione. E soprattutto, l’illusione della compagnia senza le responsabilità dell’amicizia.

Così che non solo ci sentiamo depressi ma in più non riusciamo neanche a capire perché lo siamo.

Il ché mi ha ricordato una vignetta che avevo letto qualche anno fa sull’Internazionale in cui c’erano due esploratori in mezzo a una giungla intenti a dare un computer portatile a un aborigeno.

Mentre glielo consegnano un esploratore dice: «Vi abbiamo portato una connessione con il mondo moderno»

E poi, l’atro esploratore aggiunge: «Il mese prossimo torniamo con gli antidepressivi»

Morale: Se vogliamo vivere più a lungo, usiamo la tecnologia e amiamo le persone, perché il contrario non funziona mai.

Buona lettura,
Jacopo

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Corrente #73: Rewirement.

Un giorno di qualche anno fa passeggiando per un parco a Milano la mia attenzione è stata attirata da una piccola scritta in pennarello nero su muro rosso.

La scritta recitava: “Se ti penso troppo penso al ’68” una frase che mi ha inevitabilmente fatto pensare alla generazione dei Baby Boomer (chi è nato tra il 1946 e il 1964). Una generazione di persone che difficilmente riesce a lasciarsi alle spalle il glorioso passato che hanno avuto la fortuna di vivere e che, nel viverlo, ha in parte consumato il futuro delle generazioni dopo di loro.

Un passato segnato dal '68, ma anche dalla Boom Economy e da una serie di condizioni culturali e materiali che mai si erano verificate nella storia e che forse mai più si verificheranno.

Tanto che sul sito UnHerd, il giornalista Ed West sottolinea come i Boomer siano stati baciati da una fortuna surreale, qualcosa che le generazioni dopo di loro non hanno mai nemmeno sognato:

«Per quanto riguarda i più giovani, condannati a un’esclusione perpetua dal mercato immobiliare londinese, e costretti a vivere in una distopia in stile Black Mirror dove resta una traccia di tutto ciò che fanno, l’idea di pagare più tasse per garantire una pensione comoda alla generazione più fortunata della storia deve essere snervante.»

All'interno di questo scenario si inserisce il fenomeno del "Rewirement", termine opposto a Retirement che indica la tendenza dei Boomer a re-inventarsi una vita professionale o personale a seguito del pensionamento.

Questo fenomeno, che di per sé non ha nulla di negativo anzi si basa su un'invidiabile vitalità, nasconde tuttavia alcuni lati oscuri.

Il primo è di tipo economico. Soprattutto in Italia infatti, anche a causa delle Baby Pensioni, viene da domandarsi se l'attuale sistema pensionistico possa essere sostenibile nel lungo periodo e quindi nasce spontanea la preoccupazione che sottolineava anche West nel suo articolo: non è che i giovani di oggi non solo si trovano a lavorare in un contesto economico molto più povero, tanto di soldi quanto di opportunità, rispetto a quello del trentennio glorioso 1945/1975, ma in più devono pagare le tasse per garantire ai Boomer la pensione con il rischio di non riuscire a percepirne una quando sarà il loro turno?

Per capire la gravità della situazione, basta pensare che nel 37% delle province italiane le persone in pensione superano quelle occupate con un record a Reggio Calabria dove i lavoratori attivi sono 67 ogni 100 pensionati. Contesto ulteriormente aggravato dal fatto che nel nostro Paese il gap salariale tra le generazioni è oggi raddoppiato rispetto al 1985 arrivando al 40% dello stipendio. Questo è dovuto principalmente al fatto che i lavoratori anziani non solo occupano le posizioni migliori ma le tengono anche più a lungo.

Il secondo lato "oscuro" invece è di tipo sociale. Questa volontà dei Boomer di non "ritirarsi" non rischia di soffocare le generazioni che sono venute dopo di loro? Di questo avviso sembra essere per esempio il giornalista della Stampa Francesco Spini quando scrive: «Lavoro, salari troppo bassi e posti migliori in mano agli anziani, l’Italia è contro i giovani.»

E dunque questa idea di evitare il Retirement e abbracciare il Rewirement potrebbe nascondere una volontà di rimanere... "Forever Young" per citare il titolo della meravigliosa ballata di Bob Dylan, menestrello per eccellenza dei Boomer che a tutto quello di cui hanno goduto si aggiunge anche la migliore musica della storia.

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