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CORRENTE
A cura di Jacopo Perfetti.
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questa è Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Subscription Ouroboros mentre settimana prossima parleremo di Crypto-Elites.
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Prima di cominciare qualche aggiornamento:
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🤖💬 Qualche giorno fa mi sono incontrato con Federico Favot per finalizzare i contenuti di “Prompt, chi parla?”, il primo corso per diventare "Creative Prompt Designer" e mettere l'Intelligenza Artificiale Generativa al servizio della propria creatività (e non viceversa).
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🤖🔥 In questo post parlo di una correlazione interessante (e per certi versi preoccupante) che sta accadendo in questi giorni nel mondo delle Big Tech: da una parte crescono gli investimenti in Intelligenza Artificiale. Dall'altra aumentano i licenziamenti.
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🤖🧠 In questo post infine parlo di come l'avanzata dell'Intelligenza Artificiale Generativa sia inarrestabile e su questo non possiamo farci nulla. Quello su cui possiamo fare tanto è migliorare il nostro "Quoziente Umano" lavorando ogni giorno per essere sempre più creativi e sempre più innovativi.
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🤖🖌️ L'immagine che vedi sopra l'ho generata con Midjourney cercando di tradurre nell'input uno stile molto manuale.
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Corrente #62: Subscription Ouroboros.
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La più antica rappresentazione dell'Uroboro, il serpente o drago che si morde la coda formando un cerchio senza inizio né fine, risale all'epoca del Faraone Tutankhamon e da allora è riapparsa sotto diverse forme e in svariati miti, da quelli nordici a quelli giapponesi e sudamericani, per poi essere adottato da diversi filosofi tra cui Friedrich Nietzsche che nel suo "Così parlò Zarathustra" lo utilizza come allegoria della ciclicità del tempo, e autori come Michael Ende che lo cita nel suo celebre romanzo "La storia infinita".
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In un recente articolo su Wired, questo simbolo è stato nuovamente ripreso per descrivere un fenomeno sempre più attuale: la "Subscription ouroboros", una teoria secondo la quale un domani, grazie a piattaforme come Patreon o OnlyFans, chiunque diventerà produttore di contenuti a pagamento generando così un un ciclo costantemente rinnovato di auto-sponsorizzazione collettiva dove ognuno potrà rimanere nel proprio loop per sempre.
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Secondo Wired infatti, su Internet ogni cosa si trasformerà in un contenuto a pagamento, inclusi noi utenti, tanto che il magazine americano annovera l'era della Subscription ouroboros come una delle possibili evoluzioni della Rete.
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Se da una parte trasformare se stessi in un prodotto permette di costruirsi una professione e avere una sostenibilità economica, dall'altra è facile incappare in quello che viene chiamato "Digital Burnout".
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Sebbene questa teoria possa apparire eccessiva, s'intreccia con fenomeni già molto diffusi e consolidati come la Creator Economy e mette in luce rischi e opportunità tanto per chi crea contenuti, i Creators, quanto per chi ne fruisce, i fruitori.
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Per quel che riguarda i Creators, se da una parte trasformare se stessi in un prodotto permette di costruirsi una professione e avere una sostenibilità economica grazie a una rete di lettori o supporter che mensilmente ci pagano una subscription per usufruire dei nostri contenuti, dall'altra è facile incappare in quello che viene chiamato "Digital Burnout": l'essere sempre esposti su Social e altre piattaforme infatti può incidere molto sul nostro livello di stress e influenzare negativamente la nostra salute mentale.
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In merito ai fruitori invece, se da una parte avere la possibilità di godere di un contenuto indipendente ci permette di poter differenziare le nostre fonti di informazione e creare un rapporto più diretto con giornalisti e Creators, dall'altra sostenere più progetti e sottoscrivere molteplici servizi aumenta il rischio di soffrire di quel fenomeno conosciuto come "Subscription Fatigue" aggravato da un eccesso di informazioni, altrimenti noto come Infobesity, che potrebbe portarci a una sorta di paralisi da analisi mediatica: messi di fronte a una varietà sempre più grande e complessa di punti di vista e informazioni non riusciamo più a farci una nostra idea e così decidiamo di smettere di informarci.
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Cose interessanti che ho trovato online e offline.
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TOP LINK: Il link più cliccato di settimana scorsa è stato: "🤗 3 cose che i Finlandesi (il popolo più felice al mondo) non fa mai. E che non dovresti fare neanche tu se vuoi essere felice." [Link]
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- I vincitori del Golden Kitty su Product Hunt. Primo posto (ovviamente) ChatGPT. [Link]
- In questo gioco devi riuscire a colmare la distanza tra due film in meno passaggi possibile. [Link]
- Motonormativity, ovvero come cambia il nostro cervello quando siamo in auto. [Link]
- Persino Marie Kondo, dopo aver avuto un figlio, ha accettato il caos nella sua vita. [Link]
- Guarda il grafico e indovina a quale trend si riferisce. [Link]
- Chatta con persone e personaggi famosi. [Link]
- Crea musica con Google. [Link]
- Crea canzoni con l'AI. [Link]
- Un gioco online per passare il tempo: trova i dettagli in disegni intricati. [Link]
- Su Pudding, perché i Super ricchi sono inevitabili. [Link]
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Muro Filosofico.
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Muro filosofico #62: “Io non so cosa fare” una frase che ho trovato su un muro a Milano e che mi ha fatto pensare ad Hannah Arendt e alla sua idea di "Vita activa".
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Secondo la Arendt vi sono tre dimensioni della vita activa: 1) La dimensione del lavoro; 2) La dimensione dell’opera e 3) La dimensione dell’agire politico inteso come agire per la libertà e l’emancipazione.
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Oggi, di fronte a una complessità sempre più alta, di fronte a un numero sempre maggiore di possibilità tra cui scegliere, è facile scivolare verso una pigrizia mentale che ci spinge a non sapere mai cosa fare, a non agire, come se fossimo paralizzati.
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Il ché mi ricorda Barry Schwartz quando nel suo libro, “Il paradosso della scelta”, Barry Schwartz individua due lati oscuri di avere troppe possibilità di scelta:
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Troppe possibilità possono paralizzarci. Di fronte a troppe scelte, scegliamo di non scegliere.
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Troppe possibilità ci rendono costantemente insoddisfatti e delusi. Continuiamo a chiederci se abbiamo fatto la scelta giusta e ci concentriamo sui lati negativi della scelta che abbiamo fatto. Abbiamo troppe aspettative e questo ci rende delusi, in primis di noi stessi, perché pensiamo che sia colpa nostra, pensiamo che non siamo stati in grado di fare la scelta giusta.
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