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CORRENTE

A cura di Jacopo Perfetti.

«Se hai una fonte è lei che controlla te. Se ne hai dieci, sei tu che controlli loro.»

- Fiorenza Sarzanini (trovata qui)

Buongiorno,

questa è Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Self-driving companies mentre settimana prossima parleremo di Ansia da condivisione.

Buona lettura, Jacopo


PS: Insieme all'amico e collega di newsletter Antonio Bellu (autore di LetMeTell.It), abbiamo lanciato un servizio automatizzato per creare newsletter. L'abbiamo chiamato LETTERA. Lo slogan è piuttosto ambizioso, ma racchiude una speranza: le newsletter sono i nuovi social media.

Se stai pensando di aprire una newsletter per te o per la tua azienda sentiamoci!
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Il concetto di Self-driving companies affonda le sue radici nel Taylorismo, nello Scientific Management e in quell’idea, sempre più attuale, di azienda super efficiente in cui i manager umani sono sempre meno e la maggior parte delle decisioni aziendali, tra cui le assunzioni e i licenziamenti, sono prese da algoritmi.

Se ai tempi di Taylor e di Ford questa idea di azienda era solo un’utopia (o una distopia…), oggi grazie alle ultime tecnologie, ai Big Data e ai progressi dell’Intelligenza Artificiale, la Self-driving company è già una realtà.

Nel saggio “Futureproof: 9 Rules for Humans in the Age of Automation” Kevin Roose fa l’esempio di MYbank un’app di prestito la cui procedura di firma è conosciuta come “3-1-0” per via dei tre passaggi richiesti: tre minuti per richiedere un prestito, un secondo per un algoritmo per approvarlo, e zero umani. Oppure pensiamo ad Amazon dove spesso i dipendenti dei magazzini hanno già oggi come capi degli algoritmi. O a servizi di Food Delivery come Deliveroo o aziende come Uber. Sono tutti esempi di come il personale sia sempre più diretto e supervisionato da software, detti anche “Bossware”, e non persone.

Un domani potrebbero esserci delle aziende totalmente automatizzate. Aziende gestite da robot che vendono servizi o prodotti a robot. Una sorta di aziende R2R, Robot To Robot.

E questo non vale solo per la gestione del personale ma anche per la sua selezione. Nel 2019, un sistema basato su Intelligenza Artificiale sviluppato dalla startup americana Hire Vue, è stato utilizzato in Inghilterra per la selezione del personale. Il sistema sfrutta la tecnologia di Machine Learning per valutare le espressioni facciali, il lessico e il tono di voce dei candidati cui vengono sottoposte le stesse identiche domande e che vengono filmati attraverso uno smartphone o un personal computer. Le loro risposte e i loro video vengono poi confrontati in automatico con i dati raccolti intervistando dipendenti modello dell’azienda. In base al risultato, il candidato viene classificato all’interno di una categoria e poi, nel caso, selezionato per il lavoro per cui ha fatto il colloquio.

Il fenomeno delle Self-driving companies è ancora più interessante se lo relazioniamo ad un altro trend dell’epoca corrente: il Direct To Avatar Marketing, ovvero le strategie di comunicazione rivolte a un pubblico fatto non da persone ma da algoritmi. I due fenomeni correlati portano a pensare che un domani potrebbero esserci delle aziende totalmente automatizzate, tanto nella produzione (aziende gestite da robot…) quanto nella sua valorizzazione (…che vendono servizi o prodotti a robot). Una sorta di aziende R2R, Robot To Robot.

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Cose interessanti che ho trovato in altre newsletter.

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TOP LINK: Il link più cliccato di settimana scorsa è stato “Buone abitudini da 5 minuti (a caso).” Una raccolta di buon abitudini che non prendono più di 5 minuti e che hanno un effetto positivo sulla nostra vita. La cosa divertente è che sono proposte a caso, un po’ come se pescassimo da un mazzo di carte. [Link]

  • Molto Mission Impossible: con Privnote puoi scrivere note e messaggi che si auto-distruggeranno dopo essere stati letti. [Link]
  • Interessante: BeReal è un social media che vuole che ti stacchi dal telefono. [Link]
  • Le Startup vincitrici del Winter Batch 2022 di Y Combinator con molti numeri interessanti per comprendere l’universo delle Startup. Per esempio dei 400 vincitori, 32 vengono dall’India, 18 dalla Nigeria, 16 dall’Indonesia o dal Canada, 13 dall’Inghilterra e 0 dall’Italia. [Link]
  • Qualche consiglio per costruirsi buone abitudini quando siamo esausti. [Link]
  • I vincitori del contest fotografico dello Smithsonian. [Link]
  • Uno strumento per scrivere meglio in inglese “copiando” da migliaia di frasi di celebri autori. [Link]
  • E va beh… la moda è arrivata anche alle anatre. [Link]
  • Guida un’auto (o un autobus) tra le vie di Google Maps. [Link]
  • Vagare nell’universo. Un gioco immersivo online. [Link]
  • Scopri quali dati le aziende hanno su di te e come reclamarli. [Link]
2022_04_06-Il-Confine-E-Labile_Web
Muro filosofico #36: “Il confine è labile”, una frase scritta su un muro in centro a Milano che mi ha fatto pensare all’ambiguità che contraddistingue il nostro tempo.

Oggi, tanto nella vita quanto sul lavoro, i confini sono sempre più labili e ambigui. Pensiamo al mondo dell’impresa. Da diversi anni ormai il concetto stesso di settore o categoria è sempre più sfuocato, il che rende difficile identificare i propri competitor attuali e potenziali. Airbnb per esempio è un’azienda che opera nel settore Internet ma che di fatto ha rivoluzionato il settore dell’hospitality e le aziende che non l’hanno considerata perché appartenente a un settore differente dal proprio ne hanno pagato le conseguenze.

E lo stesso accade sul lavoro (i confini tra i ruoli sono sempre più labili così come i ruoli o i job title) e nella vita. Tutto è relativo. Un tempo bastava il colore di una maglia per definire il senso di appartenenza o identificare chi fossero i buoni e chi i cattivi. Oggi invece tutto è più fluido, complesso e, appunto, labile.

All’interno di questo scenario è sempre più difficile avere piena consapevolezza non solo di quello che sappiamo, ma anche di quello che non sappiamo.

Mi viene in mente una celebre conferenza stampa del 12 febbraio 2002, in cui l’ex segretario alla Difesa americano Donald Rumsfeld rispondendo alle domande dei giornalisti sulla presenza di armi chimiche in Iraq, disse: «Ci sono cose conosciute che conosciamo (known knowns); sono le cose che sappiamo di sapere. Ci sono cose conosciute che non conosciamo (known unknowns); ovvero le cose che sappiamo di non sapere. Ma ci sono anche cose sconosciute che non conosciamo (unknown unknowns); sono le cose che non sappiamo di non sapere».

Ed ecco forse che l’ambiguità dei nostri tempi risiede soprattutto in tutti gli unknown unknowns che diamo invece per scontato.

Trovi altri muri filosofici qui.

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Sono Jacopo Perfetti, creo robot in grado di scrivere e scrivo cose che i robot non sanno (ancora) scrivere.

Il mio ultimo libro, nonché primo romanzo, è T.E.R.R.A.

Sono co-fondatore di Oblique.AI, agenzia di Intelligenza Artificiale applicata ai dati e alla creatività.

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