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CORRENTE
A cura di Jacopo Perfetti.
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«Non è l'uscire dal porto, ma il tornarci, che determina il successo di un viaggio.»
- Henry Ward Beecher
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questa è Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Regnosis mentre settimana prossima... niente, da settimana prossima mi prendo una pausa.*
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* Questa è l’ultima newsletter dell’anno. Con lunedì inizia il mio mese di detox tecnologico. Riprenderò la newsletter il 21 Gennaio. Visto che per qualche settimana non riceverai mie email, mi sono preso la libertà di andare un po’ lungo con la corrente di oggi che tocca un tema cui tengo molto: la consapevolezza delle conseguenze che le nostre azioni hanno sul futuro nostro e su quello delle prossime generazioni. Mi sembra un buon modo di chiudere l’anno.
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Colgo l’occasione per farti gli auguri, spero tu possa passare un po’ di tempo lontano dalla frenesia quotidiana per riequilibrare le tue priorità e dare inizio alla tua crisalide. Auguri!
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Una delle cose che preferisco di Dicembre è il proliferare di report e previsioni sull’anno che verrà. Su Internet se ne trovano a centinaia sugli argomenti più disparati. Dai colori che andranno di più nel 2022, alle tecnologie che cambieranno la nostra vita, passando per come cambierà il settore Retail o quali film vinceranno l’Oscar. Sono ipotesi, più o meno azzardate. Diciamo che prevedere il futuro raramente è una scienza esatta. Pescando nella storia delle previsione possiamo pensare a quando, nel 2008, poco prima dello scoppio della crisi innescata dai mutui sub-prime, il settore dei “Security Brokers and Dealers” era stato indicato, in un celebre articolo firmato da Michael Porter, come in assoluto il più profittevole. Così come in un altro articolo pubblicato nel 1998 sulla rivista Red Herring, l’economista e futuro premio Nobel Paul Krugman scriveva in merito all’enfasi a suo dire troppo entusiastica nei confronti dell’innovazione tecnologica che all’incirca nel 2005, sarebbe stato chiaro come l’impatto di Internet sull’economia non sarebbe stato più rilevante di quello del fax.
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Ma questa non è una novità. Tutti i grandi cambiamenti tecnologi della storia sono coincisi con periodi di alta volatilità e bassa prevedibilità. Alla fine dell’Ottocento il diciannovesimo Presidente degli Stati Uniti, Rutherford Birchard Hayes, trovava il telefono una bella invenzione ma pensava che nessuno lo avrebbe mai voluto usare. Negli stessi anni, Thomas Edison considerava la corrente alternata una perdita di tempo e l’automobile era vista da diversi politici e manager come una moda passeggera. Nel 1943 il CEO di IBM, Thomas J. Watson, pensava che nel mondo ci sarebbe stato mercato per al massimo cinque computer. Tre anni più tardi, nel 1946, Darryl Zanuck della 20th Century Fox predisse che la televisione non avrebbe avuto alcun mercato perché la gente si sarebbe annoiata davanti a quella scatola di compensato. Nel 1977, un anno dopo la nascita della Apple, Ken Olsen, fondatore della Digital Equipment Corporation, pensava che non ci sarebbe mai stata alcuna ragione per cui la gente avrebbe voluto un computer in casa propria.
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Come suggerisce il futurologo tedesco Matthias Horx, al posto di fare previsioni (in inglese “pro-gnosis”) e quindi pensare nel presente come sarà il futuro, potremmo fare il contrario, pensare come nel futuro valuteremo il presente. Da cui il nome della corrente di oggi: RE-gnosis.
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Regnosis: Concetto opposto alla previsione (in inglese “pro-gnosis”) che analizza il futuro partendo dal presente, la Regnosis analizza il presente dal punto di vista del futuro.
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La Regnosis è un esercizio interessante. Stimola la nostra creatività e ci invita ad assumere comportamenti più responsabili. Ad essere consapevoli delle conseguenze che le nostre azioni di oggi avranno sul futuro nostro e delle prossime generazioni. Uno dei rischi più grandi del XXI secolo è infatti la de-personalizzazione delle nostre azioni. L’anonimato di internet, la matematica dietro la finanza, la responsabilità limitata degli amministratori delegati, le vertiginose scatole cinesi delle corporation, le leggi ad personam della politica, la cartolarizzazione dei prestiti e tutti gli artifici dell’epoca contemporanea, ideati per spostare la responsabilità dal chi al cosa, hanno creato un sistema dove il concetto di persona è sempre più distante dalle conseguenze delle sue azioni. Quando invece il destino, nostro e del mondo, dipende da chi lo fa, non da cosa lo fa.
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Ironicamente, dovremmo tutti girare con indosso gli occhiali da sole di John Nada, protagonista del film Essi vivono diretto da John Carpenter, grazie ai quali riusciva a vedere la verità dietro ogni cosa, messaggio o persona che incontrava tra le vie di Los Angeles. Un po’ come Freder Fredersen, protagonista del capolavoro di Fritz Lang Metropolis, quando scende nel sottosuolo dell’industria del padre e si rende conto di quale sia il costo umano del suo benessere.
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Pensiamo alla lettura che Slavoj Žižek fa del disastro ambientale causato dal versamento di petrolio in Louisiana a seguito dell’incidente sulla piattaforma della British Petroleum nel golfo del Messico nel 2010: «Il vero cambiamento non consiste nel raccogliere indennizzi dai responsabili, ma nel cambiare la situazione in modo tale che questi non siano nella posizione di causare danni (o di essere spinti ad atti che causano danni). […] Il vero colpevole non è BP (anche se, per evitare qualsiasi malinteso, deve essere severamente punita), ma la richiesta che ci spinge alla produzione di petrolio a prescindere da considerazioni ecologiche. Dobbiamo allora cominciare a porci delle domande fondamentali riguardo il nostro stile di vita, dobbiamo mobilitare l’uso pubblico della ragione».
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Il disastro di BP è universalmente condannato e condannabile. Non penso ci sia persona sulla terra che possa considerare oggettivamente positivo il fatto che siano state versate in mare centinaia di migliaia di tonnellate di petrolio, eppure in pochi associano quanto accaduto alle conseguenze delle proprie abitudini. Paradossalmente possiamo ipotizzare che le stesse persone che la sera prima davanti alla televisione vedevano le immagini del disastro ambientale e lo condannavano come un abominio della nostra epoca, la mattina dopo uscivano di casa, salivano in auto e si recavano al lavoro a pochi chilometri di distanza dalla loro abitazione. E se nel mezzo del tragitto qualcuno li avesse fermati e avesse chiesto loro cosa ne pensavano del disastro in Louisiana, probabilmente avrebbero abbassato il finestrino della loro auto e avrebbero risposto che era una cosa inaccettabile. Questo accade perché la distanza tra quello che facciamo, le nostre abitudini, e le conseguenze delle nostre azioni è sempre più ampia. Consumiamo, ma di rado ci domandiamo da dove viene e dove finirà ciò che acquistiamo.
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Vivere il nostro presente pensando a come un domani noi o chi per noi giudicherà i nostri comportamenti di oggi è un buon modo per coltivare questo necessario senso di responsabilità ed evitare la depersonalizzazione delle nostre azioni. In un futuro senza più acqua, cosa penseranno delle nostre abitudini? In un futuro senza più pena di morte, cosa penseranno delle esecuzioni capitali negli Stati Uniti, in India, in Cina e in tutti i Paesi al mondo in cui la pena di morte è ancora utilizzata? In un futuro soffocato dal petrolio, cosa penseranno di fronte alle foto di giovani bloccati in code chilometriche di automobili accese? In un futuro senza più capitali, cosa penseranno di fronte al consumismo e alla finanza speculativa? Da consumatori, così come da cittadini o da persone libere di pensare, non è più possibile non avere la piena consapevolezza delle conseguenze delle nostre abitudini e del loro impatto economico, sociale e ambientale sul nostro presente e, soprattutto sul loro futuro.
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In alternativa, un altro modo, per certi versi opposto alla Re-gnosis, può essere l’esperienza. Aver già vissuto in prima persona le conseguenze delle nostre azioni. L’attivista statunitense Ralph Nader, per esempio, ha proposto questa regola: coloro che votano in favore di una guerra dovrebbero avere almeno un familiare che prende parte ai combattimenti. Della stessa idea è l’autore Nassim Nicholas Taleb che in un’intervista scrive: «Sempre più persone determinano il destino degli altri senza doverne pagare le conseguenze. Le persone che prendono decisioni in qualsiasi ambito della vita non dovrebbero mai essere isolate dalle conseguenze di tali decisioni, punto. Se sei un riparatore di elicotteri, dovresti essere un pilota di elicotteri. Se decidi di invadere l’Iraq, le persone che lo votano dovrebbero avere figli nell’esercito. E se stai prendendo decisioni economiche, dovresti sostenerne il costo se commetti degli errori.»
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Quella di Ralph Nader, così come quella di Taleb è un’idea che può essere applicata a qualsiasi contesto. Riprendendo il tema ambientale, se noi avessimo vissuto almeno una volta un’esperienza direttamente riconducibile al cambiamento climatico (un’alluvione che ha distrutto la nostra casa o la siccità che ha rovinato i nostri raccolti) sono sicuro che saremmo più propensi a cambiare il nostro stile di vita in un’ottica di riduzione del nostro impatto ambientale.
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META-NEWSLETTER
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Muro filosofico #24: “Merry Crisis And Happy New Fear” una frase che ho trovato su un muro di Milano e che mi ha fatto pensare al senso della parola “crisi” e a quello, per certi aspetti opposto, della parola “crisalide”.
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Sebbene condividano un’etimologia simile, la parola “crisi” e la parola “crisalide”, hanno assunto, nel corso dei secoli, due accezioni molto differenti. Entrambe le parole indicano un momento di forte cambiamento, tuttavia, la parola “crisi” ci fa subito pensare a qualcosa di negativo, qualcosa da scongiurare in tutti i modi (una “New Fear” per citare la frase sul muro). La parola “crisalide” invece, è diventata il simbolo della metamorfosi da qualcosa di brutto a qualcosa di bello: il bruco che diventa farfalla.
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Un buon proposito per il 2022 potrebbe essere proprio questo: vedere le crisi come crisalidi. Merry Crisis!
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Sono Jacopo Perfetti, creo robot in grado di scrivere e scrivo cose che i robot non sanno (ancora) scrivere.
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Il mio ultimo libro, nonché primo romanzo, è T.E.R.R.A.
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Sono co-fondatore di Oblique.AI, agenzia di Intelligenza Artificiale applicata ai dati e alla creatività.
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