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CORRENTE
A cura di Jacopo Perfetti.
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«Metà delle difficoltà della vita possono essere ricondotte al dire sì troppo in fretta e al non dire di no abbastanza presto.»
- Josh Billings
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questa è la dodicesima edizione di Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Do It Yourself Innovation mentre settimana prossima parleremo di Generation Flux.
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«In che cosa il proletario si distingue dallo schiavo?» Si domandava Engels nel 1847, all’interno dei suoi appunti, pubblicati postumi con il titolo “I principi del comunismo”. La conclusione cui giunse il filosofo (e imprenditore) tedesco fu piuttosto netta: «Lo schiavo è venduto una volta per sempre; il proletario deve vendere se stesso giorno per giorno, ora per ora.» Come molte altri frasi di Engels anche questa può apparire un’iperbole, soprattutto quando, continuando afferma che lo schiavo può avere un’esistenza migliore del proletario. Tuttavia, quella di Engels, è una frase che risuona ancora molto attuale, soprattutto oggi.
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Viviamo nell’era della precarietà lavorativa e della flessibilità professionale. All’interno di questo contesto si stanno sviluppando nuovi modelli di business che vanno dalla Sharing Economy fino alla Creator Economy. Fenomeni che hanno tutti un tratto in comune, il lavoratore, proprio come sosteneva Engles, deve vendere se stesso giorno per giorno, ora per ora.
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Il lavoratore di oggi non si chiama più “proletario”, anche perché di lavoratori con prole ce ne sono sempre meno, ha nomi più ricercati e internazionali come freelance. Tuttavia alcune dinamiche non solo non sono cambiate, ma sembrano addirittura essersi ingigantite. Pensiamo alla piattaforma Fiverr attraverso la quale freelance di tutto il mondo possono vendere i propri servizi per pochi dollari decidendo come e quanto lavorare. Se lavorano prendono soldi per il loro lavoro. Se non lavorano non prendono soldi. È il trionfo del libero mercato e della Gig Economy, punto di arrivo di un fulmineo cambio di paradigma del mercato del lavoro. Dal contratto di lavoro a tempo indeterminato siamo passati al contratto a tempo determinato, poi al contratto a progetto, alla collaborazione occasionale con Partita Iva e infine al “lavoretto” (in inglese “Gig” da cui “Gig Economy”).
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All’interno di questo scenario si inserisce la corrente di oggi, la “Do It Yourself Innovation”, un fenomeno che ho trovato leggendo il report 2021 di Fjord e che potremmo definire come il passaggio da una innovazione guidata solo dalla tecnologia e dalle aziende, a un’innovazione guidata anche dalle persone e dalla loro creatività.
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Do It Yourself Innovation: Passaggio da un’innovazione guidata solo dalla tecnologia e dalle aziende, a un’innovazione guidata anche dalle persone e dalla loro creatività.
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Più in generale la “Do It Yourself Innovation” mette in luce il bisogno di investire in innovazione e l’urgenza di dare alle persone la possibilità di essere più creative non solo nel loro lavoro ma anche nella loro vita. Ed effettivamente questo è un ottimo momento per dare spazio alla nostra creatività e al nostro ingegno. Abbiamo a disposizione molte tecnologie che un tempo non solo non erano accessibili per motivi economici ma erano anche più complesse da utilizzare. Abbiamo la possibilità di seguire corsi online su più o meno qualsiasi materia a prezzi pari o vicini allo zero. E infine abbiamo anche la motivazione per farlo, perché, come abbiamo visto, il mondo del lavoro cambia sempre più in fretta e anche noi siamo chiamati ad innovare la nostra professione di continuo.
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Come sostiene Mark Curtis, stiamo passando da una prescriptive innovation, in cui l’innovazione veniva data al consumatore che non poteva far altro che usarla passivamente, a una suggestive innovation, in cui il consumatore può utilizzare tecnologie innovative, come le piattaforme digitali, per generare altra innovazione. E questo percorso di democratizzazione dell’innovazione sta portando a un’esplosione di micro-imprenditoria che può portare benefici tanto alle aziende, che hanno la possibilità di acquisire dall’esterno innovazione attraverso processi di Open Innovation, quanto alle singole persone che, sia come produttori sia come consumatori, possono avere accesso a nuovi prodotti e nuovi servizi per migliorare il proprio lavoro e la propria vita. Per far sì però che questo sistemi funzioni è necessario riequilibrare il peso di chi contribuisce alla creazione di innovazione e, di conseguenza, anche la sua ridistribuzione economica. Oggi infatti il rischio è che in molti contribuiscano a generare innovazione attraverso il proprio lavoro e i propri contenuti, ma in molto pochi riescano a trarre profitto dal valore derivante da questa innovazione.
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AVVISTAMENTI
Cose interessanti che ho trovato online e offline.
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- Le 100 persone più influenti per il TIME. [Link]
- Quasi la metà dei giovani di tutto il mondo dice che l'ansia da cambiamento climatico sta influenzando la loro vita quotidiana. [Link]
- Una app per ridurre l’affaticamento degli occhi. [Link]
- La formula della creatività: Exploration + Exploitation. [Link]
- Come sono saliti i prezzi nell’ultimo anno. [Link]
- I fiumi americani e dove vanno a finire. [Link]
- La tecnologia DeepFake utilizzata per dare la possibilità alle persone di inserire il proprio volto nel trailer del film “Reminiscence”. [Link]
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Muro filosofico #12: “Gli dei se ne vanno gli arrabbiati restano” una frase che ho trovato sull’impalcatura di un cantiere e che intercetta un grande trend della nostra epoca: la progressiva scomparsa della religione dalle nostre vite sta lasciando un vuoto che è spesso colmato da politici che fanno leva sullo scontento popolare per guadagnare voti.
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Da una parte il tasso di secolarizzazione è in crescita costante. All’inizio del 2000, le persone che nel mondo si dichiaravano credenti erano più dei tre quarti della popolazione. Oggi quel dato è vicino al 50% e, in un Paese su quattro, le persone non credenti sono la maggioranza. Negli Stati Uniti per esempio, tra il 1972 e il 2014 le persone che dichiarano di non avere alcuna affiliazione religiosa sono passate dal 5% al 20%. Alla domanda, quante volte vai in chiesa, il 25,4% della popolazione americana ha risposto: «Mai». Mentre solo il 16,9% ha riposto: «Una volta a settimana.»
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Dall’altra parte negli ultimi trent’anni abbiamo visto diffondersi un’ondata di politici populisti che, al posto di guardare al futuro, non avendo niente di positivo e propositivo da proporre, impostano la loro proposta politica sulla paura, sull’odio, e sulla rabbia. La rabbia verso l’elite, la rabbia verso l’altro, la rabbia verso il diverso, la rabbia verso chi ci governa e la rabbia verso le istituzioni riportando le logiche della politica al vecchio stratagemma del “noi” vs “loro”.
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