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CORRENTE

A cura di Jacopo Perfetti.

«Il modo migliore per imparare, processare e ricordare le informazioni è passare metà del tempo a imparare e l’altra metà a condividere quello che abbiamo imparato.»

- Thomas Oppong

Buongiorno,

questa è la nona edizione di Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Modello One for One mentre settimana prossima parleremo di Positività Tossica.

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Buona lettura, Jacopo

2021_09_01_Modello_One_For_One
In Vite che non possiamo permetterci, il filosofo polacco Zygmunt Bauman racconta di due venditori che stavano in Africa per conto delle rispettive aziende che fabbricavano scarpe. Arrivati in Africa, il primo venditore inviò al suo ufficio questo messaggio: qui tutti vanno a piedi nudi, quindi non spedite scarpe. Il secondo invece scrisse alla sua azienda: qui tutti vanno a piedi nudi, perciò spedite subito 10 milioni di paia di scarpe.

Bauman parte da questa storia per parlare della radicale trasformazione della produzione industriale dalla creazione di un’offerta alla creazione di una domanda, e quindi da un’economia basata sul risparmio a un’economia del tutto e subito, rappresentata dal concetto del credito.

Quello che offre Bauman è, come sempre, un punto di vista stimolante che in questo caso però rischia di essere troppo rigido, basandosi su una visione molto dicotomica dell’economia (profit vs no-profit). Oggi infatti esistono abbracci più ibridi che possono dar vita a nuovi paradigmi. È il caso della società di scarpe TOMS shoes, fondata da Blake Mycoskie nel 2006, e del loro modello di business One for One®: per ogni paio di scarpe che compri, TOMS aiuterà qualcuno in difficoltà.

Modello One for One: Modello di business secondo cui per ogni prodotto venduto ne viene regalato uno a qualcuno in difficoltà.

Proviamo a leggere la storia di TOMS nell’ottica di quella raccontata da Bauman. Nel gennaio del 2006 Blake Mycoskie si reca in Argentina per una vacanza e, durante il suo viaggio, fa due scoperte che, da lì a breve, lo renderanno ricco e famoso in tutto il mondo. La prima sono le espadrillas, un modello di scarpa essenziale caratterizzato dalla suola in corda di iuta. La seconda è che in Argentina molti bambini non usavano le scarpe e questo aveva un impatto negativo sulla loro crescita. Il secondo venditore di Bauman, di fronte a questa scoperta, avrebbe probabilmente aperto un’azienda di espadrillas in Argentina (dove i costi sono sicuramente inferiori rispetto agli USA) e avrebbe fatto di tutto per aumentare la domanda di scarpe per bambini in tutta l’America del Sud, così da gonfiare il bisogno e far schizzare il fatturato alle stelle. Il primo venditore invece sarebbe probabilmente tornato a casa e si sarebbe rimesso al lavoro ignorando tanto il mercato potenziale quanto il problema dei bambini scalzi in Argentina. Ma Blake Mycoskie ha un’idea molto più originale (e più profittevole) che disorienta chi è solito ragionare in termini di trade-off. Ritornato dal suo viaggio, comincia a produrre scarpe ispirate a quelle argentine con la promessa di donarne un paio a un bambino argentino per ogni paio venduto in America. Chiama il suo modello di business One for One® e dopo soli cinque mesi dal suo lancio vende le prime 10.000 scarpe, per arrivare a un milione nel 2010 ed espandere il modello di business al mercato degli occhiali con TOMS Eyewear nel 2011 (dove per ogni paio di occhiali venduto viene donato un contributo per curare la vista di persone bisognose) e del caffè con TOMS Roasting Co. nel 2014 (dove per ogni confezione di caffè venduta viene fornita acqua pulita a comunità bisognose).

Come definire l’approccio di Blake Mycoskie? C’è chi lo definisce una mera operazione di marketing, un’ipocrita strumentalizzazione del concetto stesso di charity. È ovvio che il modello ideato da Mycoskie ha per la sua società un ritorno, in termini di comunicazione e brand awareness, eccezionale. Soprattutto nella sua fase di start-up non avrebbe avuto la visibilità mediatica che ha avuto, se il suo business non fosse stato accompagnato da una forte ideologia filantropica. Le prime 10.000 scarpe sono state vendute anche grazie a un articolo uscito sul Los Angeles Times ispirato più all’originalità del modello di business che a quella del prodotto. Se ragioniamo unicamente in termini di for-profit vs no-profit, la TOMS non può essere considerata un’organizzazione umanitaria. Non crea reali opportunità di crescita per i paesi in via di sviluppo ma si limita a dare un piccolo contributo.

In quest’ottica sarebbe forse più utile insegnare come costruire scarpe o come lanciare una propria startup o come avere accesso al micro-credito così da creare nuovi posti di lavoro e nuovi modelli di business per far crescere l’economia, piuttosto che limitarsi a dare un paio di scarpe. Come il famoso proverbio cinese: «Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita». Regala un paio di scarpe a un bambino e lo aiuterai un giorno. Insegnagli a sviluppare nuovi business e lo aiuterai per tutta la vita. Ovviamente, nell’ottica di un’azienda for-profit, non sarebbe possibile. Se la TOMS insegnasse ai bambini argentini come sviluppare il business delle espadrillas e commercializzarle in tutto il mondo si creerebbe da sola dei concorrenti diretti. Dei potenziali entranti, per riprendere Michael Porter. A questo punto tutto il suo modello di business crollerebbe. Perché comprare un paio di scarpe argentine da un’azienda americana che aiuta i bambini poveri in Argentina, quando si può comprare direttamente un paio di scarpe argentine da un’azienda argentina che alimenta l’economia argentina e quindi riduce la povertà in Argentina? Vista così, la strategia imprenditoriale della TOMS sembra più un’operazione di marketing che ha permesso all’azienda di crescere ed espandere il suo business in pochi anni.

D’altro canto però c’è chi appoggia questo modello di business definendolo una forma sostenibile tanto d’imprenditoria quanto di filantropia. Negli anni Blake Mycoskie è stato insignito di molti premi tra cui l’Award for Corporate Excellence (ACE) nel 2009 per mano del segretario di Stato Hillary Clinton a fronte dell’impegno di TOMS per la responsabilità sociale d’impresa, l’innovazione, le pratiche esemplari e i valori democratici promossi in tutto il mondo. È indubbio che la TOMS sia riuscita a innovare un mercato consolidato come quello delle scarpe penetrandolo con un prodotto esistente da secoli e che, a fasi alterne, aveva già cavalcato le correnti fashion del XX secolo (pensiamo a Sonny Crockett in Miami Vice, interpretato da Don Johnson, che negli anni ottanta aveva riacceso la moda delle espadrillas in America e in Europa).

TOMS unisce quindi la sostenibilità economica di una for-profit al purpose e all’appeal di una no-profit creando un modello ibrido, che negli anni è stato adottato anche da altre aziende (in Italia abbiamo per esempio l’ottima WAMI che per ogni bottiglia d’acqua venduta dona 100 Litri di acqua potabile). Sarebbe un errore considerare l’azienda americana come un’organizzazione filantropica. Ancora una volta quindi è importante avere da una parte la consapevolezza di cosa si stia realmente comprando (nel caso di TOMS un prodotto con dietro un’ideologia e non viceversa) e dall’altra la capacità di andare oltre i trade-off per immaginare nuovi modelli di sostenibilità.

PARENTESI

Cose interessanti per cui vale prendersi una pausa.

01

Una guida

Una guida online e in costante aggiornamento dei migliori brand di Fashion sostenibili italiani.
02

Una newsletter

Una raccolta settimanale di tools digitali a cura di Jeremy Caplan.
03

Un libro

Il libro tratta di qualcosa della fisica che parla a chiunque e lo coinvolge, semplicemente perché è un mistero di cui ciascuno ha esperienza in ogni istante: il tempo.

AVVISTAMENTI

Cose interessanti che ho trovato online e offline.

  • Una lista di cose che le persone danno per scontate. [Link]
  • I 50 film dispotici più belli di sempre. [Link]
  • Una lista di alternative open source a molti programmi che usiamo ogni giorno per lavorare. [Link]
  • Un report sullo stato dei Freelance nel 2021. [Link]
  • Una breve guida gratuita per vivere scrivendo. [Link]
  • I dieci Paesi al mondo dove si va in pensione prima. [Link]
  • Dodici Critical Thinking Tools. [Link]
  • Mini-guida su come candidarsi a Y Combinator (entro l'8 settembre). [Link]
2021_09_01_E-Una-Nuova-Era-E-C-era-Quel-Che-C-era
Muro filosofico #09: “È una nuova era e c’era quello che c’era” una frase che ho trovato su un muro di Milano nei pressi della Stazione Garibaldi e che riassume bene la nostra epoca. Un’epoca in cui innoviamo molto e inventiamo poco.

Citando Banksy che a sua volta rubava la citazione a Pablo Picasso i bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano e, mai come oggi, questo assioma sembra essere diventato legge. La creatività è una questione di furti e rimescolamenti. Shakespeare prendeva a prestito da Plutarco, Isaac Newton stava sulle spalle dei giganti e persino Thomas Edison era solito dire: «Ognuno ruba nel commercio e nell’industria. Io ho rubato molto. Ma sapevo come rubare». Come scrive Austin Kleon, nessuna opera è originale, tutto deriva dalle opere altrui. Quello che conta è la trasformazione, il procedimento che fa diventare nuovo qualcosa di rubato.

Pensiamo al mondo del cinema. Dal secondo Top Gun, al terzo Ghostbusters, al quarto Indiana Jones, passando per il quinto Rocky, il sesto Guerre Stellari, il settimo Harry Potter e l’ottavo Batman fino al venticinquesimo James Bond, per poi tornare indietro con il prequiel di Alien, Xmen, Spiderman e Terminator, e sprofondare nel remake di Colpo grosso, Ladykillers, The Italian Job, King Kong, Psyco, The Next Three Days, Stanno tutti bene, La guerra dei mondi, Il pianeta delle scimmie e Scarface, i film sembrano sempre di più un déjà vu che si continua a ripetere, per citare il pluricitato Lawrence Peter Yogi Berra.

E questo non riguarda solo il cinema ma molte altre espressioni creative dell’essere umano. Il nostro bisogno di sicurezza unito alla facilità tecnologica di riprodurre vecchie idee in chiave contemporanea ci ha portato a un’era dove è sempre più difficile vedere qualcosa di veramente nuovo.

Trovi altri muri filosofici qui.

Jacopo_Perfetti_Festival_Letteratura_Mantova
Sono Jacopo Perfetti, di giorno lancio (e aiuto a lanciare) progetti imprenditoriali e insegno imprenditoria e innovazione dei modelli di business.

Di notte scrivo. Il mio ultimo libro, nonché primo romanzo, è T.E.R.R.A.

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