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CORRENTE
A cura di Jacopo Perfetti.
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«Dì la verità, ma rendi la verità affascinante.»
- David Ogilvy
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questa è Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Beni di Veblen*.
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Buona lettura, Jacopo
* Mi prendo un paio di settimane di pausa, la newsletter riprenderà il 3 settembre. Buone vacanze!
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C’è una storiella che ho scoperto leggendo la newsletter LetMeTellIt, che trovo perfetta per introdurre la corrente di oggi. Nell’America degli anni Trenta due fratelli, Sid e Harry Drubeck possedevano una nota sartoria da uomini. Harry si occupava degli abiti, mentre Sid dei clienti. Ogni volta che entrava un nuovo cliente, Sid fingeva di avere un problema di udito e gli chiedeva di parlare ad alta voce. Quando il cliente era interessato ad un abito e gli chiedeva il prezzo, Sid urlava al fratello nell’altra stanza: «Harry, quanto costa questo abito?» e il fratello rispondeva: «Per quell’abito non meno di 42 dollari!».
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A questo punto Sid fingeva di non aver sentito bene il prezzo e diceva al cliente: «Hai sentito? Mio fratello dice 22 dollari». Di fronte a questo apparente fraintendimento il cliente si affrettava a comprare l’abito tutto contento di averlo pagato quasi la metà del suo prezzo, ignorando che in realtà era vittima di un astuto stratagemma. Per quell’epoca, 42 dollari per un abito erano molti e 22 dollari erano il giusto prezzo, tuttavia avendo 42 come punto di riferimento iniziale, 22 dollari sembravano una cifra più che ragionevole. In questo modo il cliente aveva l’illusione di aver acquistato a un prezzo stracciato un abito di alta qualità che normalmente non si sarebbero mai potuto permettere.
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Parto da questa storia per parlare dei beni di Veblen e, più in generale, del paradosso per cui talvolta è il prezzo a definire il valore di un oggetto e non viceversa.
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Beni di Veblen: Oggetti, servizi o esperienze per cui il desiderio di acquistarli da parte dei consumatori aumenta al crescere del loro prezzo.
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Rileggendo la storiella dei due fratelli in un’ottica vebleneriana, il fatto che l’abito abbia un prezzo elevato (42 dollari) contribuisce ad aumentare la nostra percezione del suo valore. In quest’ottica, con i beni di Veblen l’oggetto del desiderio è passato dalla merce al valore della merce. Come sosteneva Adorno, «il consumatore idolatra il denaro che spende per un biglietto del concerto di Toscanini, non il concerto in sé». Ritornando a Veblen, la soddisfazione dell’acquisto non deriva quindi solo dall’oggetto in sé ma anche dal prezzo pagato per acquistarlo. Più il prezzo percepito dell’oggetto è alto, più è grande la soddisfazione del compratore. Fino al paradosso dei prodotti la cui domanda diminuisce quando il loro prezzo diminuisce, detti, appunto, beni di Veblen.
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Il problema però è che, come sostiene l’economista francese Gilles Dostaler, questi beni e, più in generale, questa rivalità finanziaria che si manifesta con la messa in mostra di consumi e di agiatezza e con l’ostentazione degli sprechi, non riguarda solo una classe sociale, ma la si ritrova, in gradi diversi, in tutti gli essere umani. Secondo Dostaler, anche le persone meno agiate, influenzate dalla pubblicità e dal modello dei più ricchi, si dedicano ai consumi ostentatori. Ed è stata proprio questa una delle leve alla base della crisi finanziaria e del credito.
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Una spiegazione di questo fenomeno si può trovare nella classificazione della società ipotizzata proprio da Thorstein Veblen. Già alla fine dell’ottocento, l’economista americano individuava quattro fasi dell’evoluzione storica delle classi sociali: 1) nelle culture primitive la gerarchia era nelle mani degli uomini che dimostravano la propria potenza andando a caccia; 2) nelle società stanziali al vertice c’erano i militari; 3) nella società feudale vigeva una gerarchia basata sul livello di nobiltà ereditato; 4) nella società industriale infine il ruolo sociale si fonda sulla potenza finanziaria e la proprietà privata non è più solo una necessità di sussistenza, ma diventa un segno di distinzione e di prestigio sociale.
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Da qui altri fenomeni tipici del nostro tempo come lo “Showing-Off” ovvero il bisogno di mettere in mostra i propri beni per distinguersi e dimostrare il proprio status sociale. Fenomeno che trova poi nei Social Media, e in particolare in TikTok e Instagram, la sua massima espressione.
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PARENTESI
Cose interessanti per cui vale prendersi una pausa.
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Una docuserie
I giocattoli della nostra infanzia. Le menti che hanno ideato i giocattoli più famosi della storia parlano dell'ascesa, e a volte della caduta, delle loro creazioni da miliardi di dollari. Ti consiglio la puntata sui Lego.
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Una newsletter
Nel gennaio 2016 Joost & Pim lasciano i loro lavori aziendali e fondano Corporate Rebels. Una volta ogni due settimane condividono nella loro newsletter, intuizioni e teorie per cambiare il modo in cui si lavora.
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Un libro
Le persone più abili nel risolvere problemi, prevedere eventi e prendere decisioni fanno affidamento su una serie di schemi che trovi su SuperThinking.
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AVVISTAMENTI
Cose interessanti che ho trovato online e offline.
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- Vacanze virtuali. [Link]
- Quanto sono grandi in proporzione le cose nello spazio. [Link]
- Il nostro cervello è in overload. Come aumentare le nostre capacità celebrali. [Link]
- La neuroscienza dietro alle nostre decisioni alimentari. [Link]
- YCombinator ha lanciato una piattaforma per trovare Co-Founder. [Link]
- Le chiacchiere all’aperto come patrimonio dell’Unesco. [Link]
- 1300 grafiche in vettoriale. [Link]
- La strage degli elefanti uccisi illegalmente. Uno ogni 24 minuti. [Link]
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Muro filosofico #08: “Ero in mezzo a voi ma non mi avete riconosciuto. Avete le orecchie ma non mi avete udito.” una frase che ho trovato su un muro Milano e che mi ha ricordato un passaggio di “Così parlò Zarathustra” di Nietzsche.
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Il passaggio dice: Quando Zarathustra ebbe pronunciate queste parole, guardò di nuovo gli uomini e tacque. «Eccoli – disse al suo cuore – essi ridono: essi non mi comprendono, io non sono bocca per queste orecchie. Bisogna dunque prima spezzar loro le orecchie affinché essi imparino a intender con gli occhi? Bisogna far dello strepito come cembali e predicatori della penitenza? Oppure essi non credono che a colui che balbetta? Essi hanno qualcosa della quale vanno superbi. Come chiamano però, ciò che li fa superbi? La chiamano cultura: essa li distingue dai pastori di capre.»
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