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CORRENTE

A cura di Jacopo Perfetti.

«Credo che uno dei grandi errori che fanno gli esseri umani quando tentano di capire qualcosa sia volere certezze. La ricerca della conoscenza non si nutre di certezze: si nutre di una radicale assenza di certezze.»

- Carlo Rovelli

Buongiorno,

questa è Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Creative Cliff Illusion, mentre settimana prossima parleremo di F.A.M.G.A.

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Buona lettura, Jacopo
2021_07_30_Creative
L’attore britannico (e membro dei Monty Python) John Cleese, non si è mai considerato più di talento o più creativo dei suoi colleghi autori, tuttavia i suoi scritti erano sempre quelli più originali. Incuriosito da questa particolare eccentricità, cominciò ad osservare come lavorassero i suoi colleghi fino a quando non capì il vero motivo del suo talento. Quando gli altri autori stavano affrontando un problema, e trovavano una possibile soluzione, erano propensi a prenderla subito, anche se erano consapevoli che non fosse la più originale. Cleese invece quando si trovava nella stessa situazione, era solito stare più a lungo sui problemi, fino a quando non era in grado di concepire qualcosa di veramente originale. Ed ecco la risposta che stava cercando, nulla di particolarmente complicato: i suoi lavori erano più originali per il semplice motivo che riusciva a gestire il problema per più tempo.

A differenza dei suoi colleghi, Cleese dava il giusto tempo alla sua mente per elaborare le idee e continuava a pensarci fino a quando non arrivava a idee più originali dei suoi colleghi. Secondo l’attore britannico, infatti, spesso prendiamo una decisione non perché sia quella giusta ma perché non riusciamo a sopportare a lungo quel senso d’inquietudine derivante dall’indecisione. Le persone più creative invece interagiscono con un problema più a lungo prima di provare a risolverlo, perché sono più preparate a tollerare quell’ansia che tutti noi proviamo quando non siamo ancora riusciti a venire a capo di qualcosa. In quest’ottica, il tempo e, più in generale, la capacità di attendere, è un elemento chiave nel percorso di generazione di una nuova idea. Tuttavia, sempre più spesso tendiamo a portare a termine i nostri compiti il prima possibile. E questo potrebbe invalidare la nostra capacità di generare idee originali.

La corrente di cui voglio parlarti oggi si chiama “Creative Cliff Illusion” intesa come la tendenza a pensare che le idee migliori arrivino all’inizio del processo creativo, mentre spesso arrivano alla fine. È un termine proposto da Loran Nordgren e Brian Lucas in un articolo, uscito sull’Harvard Business Review, dove i due ricercatori raccontano uno studio condotto proprio con comici professionisti e dilettanti: «Abbiamo scoperto che i comici che erano più sicuri che le loro prime idee sarebbero state le migliori hanno smesso di lavorarci prima, con il risultato che questi comici hanno finito per presentare meno battute e, cosa molto importante, poche delle loro battute sono state valutate come altamente creative. Questo suggerisce che se pensiamo che le nostre prime idee saranno le nostre idee migliori, è più probabile che fermeremo il processo creativo prima che le nostre idee migliori vengano svelate.»

Creative Cliff Illusion: Tendenza a pensare che le idee migliori arrivino all’inizio del processo creativo, mentre spesso arrivano alla fine.

Viviamo nell’era della gratificazione instantanea. Siamo sempre di fretta. Non ci concediamo il tempo di pensare o elaborare un’idea. Siamo ossessionati dalla produttività. E pensiamo che procrastinare sia il nemico numero uno del nostro lavoro. Ma non è così. Procrastinare è spesso la chiave del successo. Vivere all’interno di una instant society, dove vogliamo tutto e possiamo averlo subito, sta uccidendo la nostra abilità di risolvere i problemi e la possibilità di valutare tutte le alternative che abbiamo. Tendiamo a scegliere non l’opzione migliore ma la prima. E la prima opzione non sempre è la migliore. Magari la decima è la migliore, ma dobbiamo essere in grado di sopportare il peso di valutare dieci opzioni prima di prendere la nostra decisione. La nostra storia tuttavia è piena di imprenditori, pensatori, artisti e persone che hanno avuto successo proprio grazie alla loro abilità di attendere pazientemente il miglior momento per completare il loro lavoro.

Leonardo da Vinci impiegò 14 anni per dipingere La Gioconda. Pete Townshend si chiuse in studio di registrazione per un mese intero per creare quei pochi secondi che si ripetono nel loop di pianoforte nell’intro di Baba O’Riley. A Charles Darwin ci vollero 20 anni per pubblicare la sua teoria dell’evoluzione. Junot Díaz, che vinse il premio Pulitzer per il suo libro La breve favolosa vita di Oscar Wao, impiegò dieci anni a scriverlo. Sergio Leone attese 13 anni prima di girare il suo capolavoro C’era una volta in America e John Turturro lavorò 12 anni al suo primo film da regista Mac. Marcel Duchamp impiegò più di 10 anni per completare la sua opera Il grande vetro e Alessandro Manzoni iniziò a scrivere i suoi Promessi Sposi nel 1821 ma finì la sua ultima versione solo nel 1842.

PARENTESI

Cose interessanti per cui vale prendersi una pausa.

01

Una docuserie

"I film della nostra infanzia". Questi film campioni d'incassi ci hanno riuniti e regalato momenti indimenticabili. Incontra gli attori, i registi e gli addetti ai lavori che li hanno resi possibili.
02

Una newsletter

Una community per mettere in contatto startup, università, investitori, acceleratori e aziende italiane con Silicon Valley, la sua cultura e i suoi founder.
03

Un libro

A Helgoland, spoglia isola nel Mare del Nord nel giugno 1925 il ventitreenne Werner Heisenberg ha avviato quella che, secondo non pochi, è stata la più radicale rivoluzione scientifica di ogni tempo: la fisica quantistica.

AVVISTAMENTI

Cose interessanti che ho trovato online e offline.

  • Le migliori città dove lavorare da remoto (al primo posto, ovviamente, Melbourne). [Link]
  • Le ragioni per cui i dipendenti non vogliono che il lavoro in remoto finisca. [Link]
  • A proposito del tema della newsletter di due settimane fa: L'Ad di Philip Morris, Jacek Olczak, ha detto: «Prima il mondo sarà libero dalle sigarette, meglio sarà, [la nostra nuova mission mira a] far smettere di fumare il mondo». [Link]
  • Perché il costo delle auto usato è cresciuto così tanto. [Link]
  • Music Bubble, un progetto di The Pudding che esplora la musica che ascoltiamo e dove l’ascoltiamo. [Link]
  • Volontariato digitale. Una piattaforma per sostenere progetti con il proprio lavoro. [Link]
  • Un’app per organizzare le proprie letture e i propri obiettivi di lettura. [Link]
  • Un nuovo fondo di Venture Capital powered by Product Hunt. [Link]
2021_07_28_Ti-Amo-E-Non-E-Colpa-Del-Covid
Muro filosofico #06: “Ti amo e non è colpa del Covid” una frase che ho trovato su un palazzo a Milano qualche settimana fa.

La frase mi ha ricordato uno dei tanti bias cognitivi che caratterizzano il nostro modo di pensare e quindi di vivere. Il bias della «trappola della disponibilità». Ovvero la tendenza a sopravvalutare l’importanza di un evento e ritenerlo la causa di tutti gli avvenimenti, compresi quelli che hanno un’origine completamente diversa.

Il Covid-19 è un dramma. Qualcosa che ci riguarda tutti. Ma penso sia sbagliato utilizzare il Covid-19 come scusa per giustificare qualsiasi avvenimento (dai licenziamenti alla crisi). Perché, come per tutto, quello che conta non è solo ciò che ci accade, ma anche il modo in cui reagiamo a ciò che ci accade.

Penso che oggi, ognuno di noi, sia chiamato a fare una scelta di campo: vedere il Covid-19 come una scusa per giustificare qualsiasi cosa di negativo gli sia accaduto oppure come un’opportunità per realizzare qualsiasi cosa di positivo potrebbe accadergli.
Personalmente scelgo senza dubbio la seconda strada. Perché, come giustamente sosteneva l’autrice di Frankenstein Mary Shelley quasi due secoli fa: inventare non significa creare dal vuoto. Significa creare dal caos. E oggi c’è tanto caos da cui partire.

Trovi altri muri filosofici qui.

Jacopo_Perfetti_Festival_Letteratura_Mantova
Sono Jacopo Perfetti, di giorno lancio (e aiuto a lanciare) progetti imprenditoriali e insegno imprenditoria e innovazione dei modelli di business in diverse università.

Di notte scrivo. Il mio ultimo libro, nonché primo romanzo, è T.E.R.R.A.

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