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CORRENTE
A cura di Jacopo Perfetti.
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«Quando le persone mi dicono che hanno imparato dall'esperienza, io dico loro che il trucco è imparare dall'esperienza degli altri.»
- Warren Buffet
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questa è Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di Aesthetic-Usability Effect, mentre settimana prossima parleremo della Creative Cliff Illusion.
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Il filosofo britannico Alfred North Whitehead scrisse che l’intera tradizione filosofica europea non è altro che una nota a piè di pagina di Platone. E questo non riguarda solo la Filosofia, ma anche molti altri argomenti, tra cui la Bellezza. Nel suo Cratilo, il filosofo ateniese, accosta il termine greco καλόν, bellezza, con quello di καλέω, chiamare. Ed effettivamente la bellezza è qualcosa che attrae le persone e la loro attenzione. Una presentazione disordinata, con le immagini sgranate e sfuocate e un ammasso di colori e caratteri tipografici senza senso è molto più difficile da seguire e comprendere rispetto a un documento ordinato e chiaro.
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Provo a chiarire questo concetto con un esempio. Nell’estate del 2009, Airbnb non stava avendo molto successo a New York, così i suoi fondatori cercarono di comprenderne il motivo e scoprirono che le fotografie delle case e delle stanze erano veramente scadenti e nessuno acquistava perché nessuno capiva il vero valore del servizio che proponevano. Guidati da questa intuizione, noleggiarono una macchina fotografica da 5.000 dollari e andarono porta a porta a fare fotografie professionali a quante più case potessero. Questa idea, fece aumentare di tre volte le prenotazioni a New York e entro la fine del mese, i ricavi di Airbnb nella città raddoppiarono. E questo è il motivo per cui Airbnb oggi offre servizi professionali gratuiti ai loro hosts in molte città. Platone aveva ragione, la bellezza vende.
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La corrente di cui voglio parlarti oggi si chiama “Aesthetic-Usability Effect” e descrive come le persone percepiscano prodotti o servizi con un'interfaccia visivamente attraente come più facili da usare.
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Aesthetic-Usability Effect: Le persone percepiscono prodotti o servizi con un'interfaccia visivamente attraente come più facili da usare.
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Per approfondire questo fenomeno, mi addentro in una strategia competitiva che tornerà spesso in queste narrazioni, la Disruptive Innovation. Ideata da Clayton M. Christensen nel 1995, la Disruptive Innovation descrive l’impatto delle nuove tecnologie su un settore o un’azienda. Le innovazioni disruptive sono infatti versioni più economiche e facili da utilizzare di prodotti o servizi già esistenti. Gli esempi sono tanti dalla Model T della Ford più di cento anni fa a StartUp come SatisPay che sta rivoluzionando il settore dei pagamenti.
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In estrema sintesi, secondo questa teoria i prodotti o servizi che riescono ad abbattere le barriere all’ingresso e rubare fette di mercato consistenti ai player più grandi e più datati hanno tre caratteristiche: 1) sono più convenienti per il consumatore (hanno un prezzo più basso); 2) sono meno costosi per l’azienda (hanno costi di produzione più bassi); e 3) sono più facili da utilizzare (hanno processi più semplificati e immediati). A queste tre caratteristiche ne aggiungo una quarta: sono esteticamente più belli.
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Come una volta scrisse Stendhal, la bellezza è una promessa di felicità. Per essere disruptive, un prodotto deve essere di massa e per essere di massa deve piacere alle persone. Le persone devono credere alla nostra promessa di felicità, che passa anche dall’estetica del nostro prodotto.
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Questo è qualcosa che tutti i grandi imprenditori e innovatori sanno molto bene. Non a caso hanno sempre scelto di lavorare al fianco di grandi designer. Enzo Ferrari aveva Palladio come modello estetico per i suoi motori, Elon Musk ha Franz von Holzhausen, Adriano Olivetti aveva Ettore Sottsass e Steve Jobs aveva Jonathan Ive. Per Jobs in particolare, l’attenzione ai dettagli e alla bellezza dei suoi prodotti era, come è noto, maniacale, tanto che in occasione del lancio dell’iMac disse: «Persino il retro del nostro computer è più bello del frontale di ogni altro computer.»
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Il motivo per cui i grandi imprenditori hanno sempre investito anche sul design del loro prodotto conferma quanto dimostrato dall’Aesthetic-Usability Effect. La bellezza rende più comprensibile il valore del nostro lavoro. La chiarezza è un elemento indispensabile per il successo di un’attività perché qualsiasi sia il prodotto o servizio che vendiamo, quando le persone non ci comprendono, le persone non ci comprano. Pensare che siano i nostri clienti a dover far lo sforzo di comprenderci o che la forma non abbia importanza perché tanto il contenuto si “spiega da sé”, è molto rischioso, perché se una persona non comprende subito il valore del nostro prodotto o servizio, è molto probabile che si rivolga a qualcun altro.
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PARENTESI
Cose interessanti per cui vale prendersi una pausa.
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Una docuserie
Per governare con il pugno di ferro ci vuole un aspirante dittatore che conosca le regole del potere assoluto: i despoti in questa provocatoria docuserie lo dimostrano.
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Un libro
I cittadini abituati da secoli alla democrazia possono cedere alla tentazione di considerarsi al riparo dai totalitarismi che hanno insanguinato il Novecento. Ma per Timothy Snyder questo “è un riflesso sbagliato”.
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Una scuola
Il mio collega di newsletter Gianluca Diegoli ha lanciato la sua Digital School di Marketing per il mondo che cambia. Fino a fine luglio (o esaurimento posti) la scuola è in early birds, con 500 euro di sconto sulla quota di iscrizione.
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AVVISTAMENTI
Cose interessanti che ho trovato online e offline.
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- Una breve guida gratuita e scaricabile con 4 suggerimenti per iniziare meglio la giornata. [Link]
- Uno shop online per acquistare prodotti di startup morte. [Link]
- La recessione da COVID è stata la più breve nella storia americana. [Link]
- Come scrivere contenuti online che interessano alle persone. [Link]
- Perché tornare in ufficio ci mette così ansia? [Link]
- Gioca a fare McDonald’s. [Link]
- Le 50 migliori copertine di libri del 2020. [Link]
- Sette modi in cui le persone scoprono i prodotti. [Link]
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Muro filosofico #05: “A Poem That Writes Itself”, una poesia che si scrive da sola e che ho trovato su un muro di un palazzo novecentesco a Milano.
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È una frase molto attuale che intreccia un macro fenomeno, quello dell’Intelligenza Artificiale e, in particolare, quello dei testi auto-generati, ovvero scritti da un algoritmo. Grazie a tecnologie come GPT-3 oggi è possibile realizzare algoritmi in grado di scrivere testi di senso compiuto (anche io ci sto provando con il progetto Wraiter.Com).
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È una frontiera affascinante che lascia spazio scenari futuristici (e per certi versi inquietanti) e domande cui è ancora difficile dare una risposta. Saremo in grado di riconoscere un testo scritto da un computer? Quanto saranno affidabili? Riusciranno i robot ad intercettare le Fake News?
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E poi c’è il tema dei dati. I nostri, di noi esseri umani, dati. Quali dati raccoglieranno gli algoritmi che ci propongono i loro testi. Come scrive il filosofo israeliano Harari, già oggi i libri ci leggono mentre noi leggiamo loro. Strumenti come il Kindle di Amazon, tengono traccia di cosa sottolineiamo, di quali libri leggiamo e di come li leggiamo. E se un domani dovessero avere sensori biometrici o rilevatori delle espressioni facciali (cosa che alcuni iPhone già hanno), saranno in grado di decodificare le emozioni che un libro ci suscita. E quindi influenzare la nostra lettura e, di conseguenza, i nostri pensieri.
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Sono Jacopo Perfetti, di giorno lancio (e aiuto a lanciare) progetti imprenditoriali e insegno imprenditoria e innovazione dei modelli di business in diverse università.
Di notte scrivo. Il mio ultimo libro, nonché primo romanzo, è T.E.R.R.A.
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