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CORRENTE
A cura di Jacopo Perfetti.
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«Un fallimento è come il fertilizzante: puzza, ovvio, ma fa crescere più velocemente le cose in futuro.»
- Denis Waitley
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questa è Corrente, una newsletter sui fenomeni dell’epoca corrente, oggi parliamo di MeWorker, mentre settimana prossima parleremo delle Cose-non-cose.
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Qualche settimana fa, DEPOP è stata acquisita da Etsy per 1,6 miliardi di dollari facendo la felicità di molte delle persone e dei Venture Capital che ci hanno investito e che hanno avuto ritorni milionari. Tuttavia DEPOP è un caso più unico che raro, tanto che è il solo (insieme a YOOX) Unicorno (inteso come azienda privata con una valorizzazione di mercato superiore al miliardo) che abbiamo in Italia (anche se, e questa è l’ultima parentesi che apro, considero DEPOP una Startup più inglese che italiana, visto che in Italia ci è stata solo un anno).
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Il più delle volte le cose non vanno così. In media, di più di mille Tech Companies americane già finanziate, solo il 3% arriva al sesto Round di investimenti e solo l’1% chiude una Exit e viene acquisita. Molte Startup infatti non riescono a fare il salto e, o riescono ad auto-sostenersi, oppure chiudono, bruciando il capitale di chi ci ha investito, ma non sempre quello di chi ci ha lavorato.
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Parto da questi dati per introdurti la corrente di oggi, i MeWorker, intesi come Manager o imprenditore che riescono a fare una fortuna nonostante i risultati negativi delle azienda cui sono a capo.
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MeWorker: Manager che riesce a fare una fortuna nonostante i risultati negativi dell’azienda cui è a capo.
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“MeWorker” è un termine coniato dall’imprenditore, autore e professore Scott Galloway che in una sua newsletter parla di una nuova classe di miliardari americani che sono riusciti a guadagnare considerevoli somme di denaro pur avendo bruciato i capitali dell’azienda o degli investitori.
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Per comprendere meglio questo concetto, Galloway introduce due metriche: il Daily Benjamin Burn™ (DBB) e l'Earn-to-Burn Ratio™ (EBR). La prima (DBB) indica quanti soldi un dirigente ha bruciato ogni giorno durante il suo mandato. Il secondo (EBR) indica la percentuale dei soldi bruciati che il dirigente ha dirottato su se stesso, una sorta di commissione sulla distruzione di capitale. In un mercato efficiente ed equo, il rapporto sarebbe pari a zero. Se un manager non crea valore non dovrebbe guadagnare nulla. Tuttavia spesso succede il contrario.
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Tra i tanti casi che cita Galloway c’è anche quello della catena di spazi di coworking WeWork e del suo fondatore Adam Neumann. Tra il 2017 e il 2019 il fondo SoftBank ha investito più di dieci miliardi in WeWork, bruciandone circa 9, il che equivale a un DBB di circa 13 milioni di dollari. Tuttavia quando Neumann è stato licenziato, nel settembre 2019, è riuscito ad avere un “risarcimento” di circa un miliardo, ovvero un EBR dell’11%.
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Questo fenomeno intercetta un altro trend tipico della nostra epoca: l’aumento esponenziale del delta tra il salario medio di un lavoratore dipendente e quello di un manager. A partire dagli anni Novanta questo divario è aumentato esponenzialmente. Come riporta Jeremy Rifkin nel suo saggio La Terza Rivoluzione Industriale, nel 1980 i CEO delle principali imprese americane guadagnavano 42 volte il salario del lavoratore medio, nel 2001 questo rapporto era salito a 531:1. Ancora più stupefacente è il fatto che, tra il 1980 e il 2005, oltre l’80% dell’aumento dei redditi da lavoro rilevato nel Stati Uniti sia finito nelle tasche dell’1% più ricco della popolazione e questo a contribuito ad acuire una disuguaglianza economica e sociale per cui già nel 2007 all’1% più ricco degli americani faceva capo il 23,5% del reddito ante imposte nazionale, contro il 9% del 1976.
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Sono numeri impressionanti che si possono (forse) spiegare guardando un altro dato: il rapporto tra aumento medio dei profitti per le aziende e aumento del salario medio. Fatta eccezione per il 2008, negli ultimi decenni i profitti delle aziende sono aumentati molto velocemente, mentre i salari sono aumentati in maniera molto più contenuta. Ovvero le aziende hanno, in proporzione, guadagnato molto di più di chi ci ha lavorato. Questo a beneficio di CEO e azionisti.
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La soluzione quindi potrebbe essere di stampo qualitativo e non quantitativo. Non servono più soldi, ma servirebbe distribuirli in maniera più equa.
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PARENTESI
Cose interessanti per cui vale prendersi una pausa.
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Una newsletter
Ogni settimana, l'autore e professore di business Scott Galloway condivide la sua visione sulla tecnologia e sulle relazioni interpersonali nell’economia digitale.
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Una docuserie
Spesi, presi in prestito o risparmiati... questa docuserie prodotta da Netflix parla di soldi e dei rischi connessi: dalle carte di credito ai casinò, alle truffe e ai prestiti per studenti.
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Un libro
L'autore ed esperto di tecnologia e sicurezza Ronald J. Deibert racconta l'influenza e l'impatto di internet sulla politica, l'economia, l'ambiente e l'umanità.
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AVVISTAMENTI
Cose interessanti che ho trovato online e offline.
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- Nove semplici esercizi quotidiani per allenare il nostro cervello, essere più produttivi e aumentare la nostra neuroplasticità. [Link]
- Interessante collaborazione tra DEPOP e BAIN: Un report sulla Gen Z. [Link]
- Il club degli unicorni. Le 728 aziende con una valorizzazione di mercato superiore a 1 miliardo raccolte in un grafico. [Link]
- Un elenco di Startup che hanno raccolto milioni di dollari e poi sono fallite. [Link]
- Lo stoicismo è tornato di moda. [Link]
- Gli algoritmi controllano la nostra vita online. Qui come ridurre il loro potere su di noi. [Link]
- Facebook ha lanciato la sua piattaforma di newsletter. [Link]
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Muro filosofico #03: “Odio gli indifferenti” un’altra frase che ho trovato sui muri senza tempo di Venezia.
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Una frase che mi ha fatto pensare all’etimologia della parola ‘idiota’ che viene dal greco ‘idiótes’, ovvero ‘uomo privato’, in contrapposizione all’uomo pubblico che era invece colto, capace ed esperto. Nell’antica Grecia, l’idiota era colui che pensava solo a se stesso, che non si curava degli altri o della società. L’indifferente.
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Oggi questa parola ha un significato diverso, ma la sua etimologia regala uno spunto di riflessione interessante. Non prendersi cura di nulla, fregarsene, essere indifferenti a tutto, pensare solo ai propri interessi, non sentirsi parte della civiltà, non informarsi o evitare qualsiasi tipo di scontro o di opinione diversa dalla propria è ancora oggi, a mio avviso, la base dell’idiozia. E, in un mondo in cui la cosa pubblica interessa sempre meno, penso che l’etimologia di questa parola sia più attuale che mai.
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Sono Jacopo Perfetti, di giorno lancio (e aiuto a lanciare) progetti imprenditoriali e insegno imprenditoria e innovazione dei modelli di business in diverse università.
Di notte scrivo. Il mio ultimo libro, nonché primo romanzo, è T.E.R.R.A.
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