C’era una volta la carriera lunga. Quella in cui si entrava in un’azienda a vent’anni come stagista (pagato) e si usciva a sessant’anni come manager (con tanto di pensione). Oggi, quell’idea di carriera lunga è sempre più corta e il mercato del lavoro con cui ci confrontiamo è sempre più dinamico, precario e volatile. Cambiano le tecnologie, cambiano le abitudini, cambiano i flussi di lavoro, e anche noi, come professionisti, siamo chiamati a cambiare di continuo.
Se un tempo, le Hard Skills contavano di più delle Soft Skills, oggi vale il contrario. Sapersi re-inventare di continuo. Non smettere mai di imparare. Adattarsi a nuovi contesti. Cambiare idea. Cambiare mentalità. Cambiare strategia. Abbandonare i propri pregiudizi. Sbagliare. Fare test più che fare previsioni. Provare strade differenti e differenti modi di fare le cose. In sintesi: allenare il nostro Quoziente di Adattabilità (soprattutto se vogliamo fare l’astronauta).
Per comprendere meglio questa direzione basta guardare qualche dato: il 35% delle competenze utilizzate oggi, verranno sostituite nei prossimi 5 anni (quindi perché impararle?), le 10 professioni oggi più richieste dal mercato non esistevano fino a 10 anni fa (quindi come insegnarle?) e, soprattutto, il 65% dei bambini che hanno iniziato le elementari affronteranno lavori di cui oggi non conosciamo le caratteristiche.
In passato il paradigma era più lineare, prima si studia poi, finiti gli anni di formazione, si fa il lavoro per cui abbiamo studiato. Oggi il paradigma è più circolare. Continuiamo a formarci fino a quando continueremo a lavorare.
All’interno di questo scenario si sta sviluppando una nuova idea di formazione: “Eduployment”, ovvero il passaggio da una visione verticale della formazione a una più integrata.
In passato il paradigma era più lineare, prima si studia poi, finiti gli anni di formazione, si fa il lavoro per cui abbiamo studiato. Oggi il paradigma è più circolare. Si identifica il lavoro che vogliamo fare, si acquisiscono le competenze base per iniziare a farlo, si fanno degli esperimenti e ci si forma sul campo, con l’idea di continuare a formarci fino a quando continueremo a lavorare.
È un concetto di lavoro completamente diverso da quello tradizionale. Sicuramente più faticoso, dal momento che richiede concentrazione, tempo ed elasticità per studiare e formarsi anche quando non abbiamo più la mente di uno studente di vent’anni. Ma al contempo anche molto più sfidante, perché ci permette di migliorarci di continuo, meno rischioso, perché non investiamo molti soldi e molto tempo ancor prima di iniziare a lavorare e, nel lungo periodo, più sicuro perché, come un giorno mi disse Gianluca Diegoli, la formazione continua è la migliore assicurazione sulla vita (lavorativa).