Giochi bellici.

In “Lettera a mio figlio”, tratta da “Diario minimo”, Umberto Eco scrive al figlio:

«Allora ti regalerò fucili, mitra, spade, elmi, scudi e ti insegnerò ad usarli dalla parte giusta, combattendo per i Galli di Vercingetorige che erano Celti come noi piemontesi contro i Romani di Giulio Cesare (…). Ho avuto una infanzia fortemente, esclusivamente bellica: sparavo tra gli arbusti in cerbottane fatte all’ultimo momento, mi acquattavo dietro le rade macchine posteggiate facendo fuoco col mio fucile a ripetizione, guidavo assalti all’arma bianca, mi perdevo in battaglie sanguinosissime. In casa, soldatini. Eserciti interi, impegnati in strategie snervanti, operazioni che duravano settimane, cicli lunghissimi in cui mobilitavo anche le vestigia dell’orso di pelouche e le bambole della sorella.

Da quest’orgia di giochi bellici è venuto fuori un uomo che è riuscito a fare diciotto mesi di servizio militare senza toccare un fucile e dedicando le lunghe ore di caserma a severi studi di filosofia medievale; un uomo che si è macchiato di tante iniquità ma che è sempre stato puro di quel tristo delitto che consiste nell’amare le armi e nel credere alla santità e all’efficienza del valore guerriero. Un uomo che comprende il valore degli eserciti solo quando li vede accorrere tra la melma del Vajont a ritrovare una serena e nobile vocazione civile. Che non crede assolutamente alle guerre giuste, e apprezza solo le guerre civili, in cui chi combatte lo fa controvoglia, tirato per i capelli, a suo rischio e pericolo, sperando che finisca subito e perché proprio ne va dell’onore e non se ne può fare a meno. E credo di dovere questo mio profondo, sistematico, colto e documentato orrore della guerra ai sani ed innocenti sfoghi, platonicamente sanguinari, concessimi nell’infanzia.»

Da padre mi sono interrogato spesso sulle armi giocattolo. Un buon consiglio potrebbe essere quello di Eco: Farle usare insegnando come coltivare un “profondo, sistematico, colto e documentato orrore della guerra”.

Da padre mi sono interrogato spesso sulle armi giocattolo. È giusto che i bambini le utilizzino? Oppure sarebbe meglio proibirli? Difficile dirlo. Proibendole si rischierebbe di trasformarle in oggetti del desiderio. Di idolatrarle. Allora forse meglio fare come suggerisce Eco. Farle usare insegnando come usarle “dalla parte giusta”. O, meglio, insegnando come coltivare un “profondo, sistematico, colto e documentato orrore della guerra”.